a me gli occhi

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Miw - la gatta

domenica 22 novembre 2020

natali a confronto

 Da qualche giorno ho notato che i destinatari del rancore italiano sono cambiati. Se fino a poco tempo fa gli immigrati erano la causa prima di tutte le disgrazie italiane,  ed erano il bersaglio di dardi rabbiosi sul web, ora da qualche giorno il destinatario principale della rabbia degli italiani è Amazon "che non paga le tasse in Italia" e che è la causa della chiusura dei "negozi sotto casa". Premetto, non lavoro per Amazon e neppure mi paga per difenderlo. ma le accuse un tanto al chilo non mi piacciono proprio. Soprattutto quando le cause della chiusura dei negozi sono altre. 

Amazon lavora anche con partner che possono essere di nazionalità diversa, e che quindi pagheranno le tasse sul venduto agli stati a cui appartengono. Nello stesso tempo Amazon Italia dà da lavorare a migliaia di persone che guarda caso sono italiane e che pagano le tasse relative ai loro stipendi in Italia e che ricevono i regolari contributi che vengono versati all'INPS che è Italiana. 

Molte piccole realtà artigianali o industriali entrando nel circuito di Amazon ora possono vantare una clientela non più circoscritta alla loro zona, ma che può spaziare nel mondo intero.

Mi ricordo quando ero una ragazzina non esistevano i centri commerciali, nel paesino poteva esserci il negozio che aveva un pochino di tutto o il droghiere che vendeva il prosciutto, il pane e il detersivo o il negozio di merceria che vendeva aghi, filo, bottoni calze e vestitini. Ma se volevi fare un acquisto "importante" allora dovevi prendere il treno e andare a Milano dove potevi entrare nel "Grande Magazzino" per eccellenza: La Rinascente. Ricordo ancora adesso la meraviglia che mi bloccava il respiro quando mia mamma mi ci portava: ero come Alice nel Paese delle meraviglie.

Poi arrivarono Coin, Upim, Standa. e i negozi di abbigliamento o le profumerie o i casalinghi dovettero imparare a combattere con questi grandi gruppi se volevano vivere. Parlo degli anni '60, '70 del secolo scorso non di ieri.

Anche i negozi di alimentari quelli sotto casa, per intenderci, dovettero cominciare a trasformarsi nell'offerta al cliente, perchè i supermercati nascevano come funghi e ovviamente chi doveva fare la spesa trovava tutto nello stesso luogo senza dover fare chilometri tra un negozio e l'altro, e a prezzi più vantaggiosi.

Ricordo che già allora iniziarono i lamenti perchè i supermercati facevano "morire" i negozietti sotto casa. Poi fu la volta dei piccoli supermercati a lamentarsi perchè dovevano vedersela con gli ipermercati. Poi fu la volta dei centri commerciali che soppiantarono negozi, mercati e mercatini. 

Questa è semplicemente la legge del mercato dove pesce più grande mangia pesce più piccolo. Il fatto è che da allora, quando io ero una ragazzina, sono cambiate molte cose, è arrivato il famoso "consumismo" dove, attraverso la pubblicità, vieni convinta che hai "assolutamente" bisogno del modello più nuovo di televisore, del vestito all'ultima moda, delle scarpe firmate da Tizio e di quelle firmate da Caio, altrimenti non sei nessuno! Così gente che ha uno stipendio medio basso fa salti mortali per avere l'ultimo modello di cellulare e dato che anche 10 euro di differenza per queste persone vogliono dire poter fare la spesa per tre giorni, ovviamente cercano dove poter comprare spendendo di meno.

Da qualche mese dobbiamo anche combattere con un nemico ancora più subdolo: un virus che sta facendo tanti danni. Oltre a far morire un sacco di persone procura danni collaterali che ancora non si sa quanto dureranno. Fra questi ci sono gravi danni economici dovuti al fatto che per contrastare il contagio si è dovuto arrivare alla chiusura di negozi, bar, ristoranti e anche di qualche realtà artigianale o industriale. 

Ovviamente molte persone sono entrate in cassa integrazione (quando è stato possibile, perchè chi lavorava in nero non ne ha diritto) e perciò ci sono meno entrate in famiglia. Questo porta a rivalutare e soppesare quali siano le spese più necessarie e quali quelle che si possono rimandare. 

Ora sta insorgendo un altro "grave" problema del tutto italico! NON POTREMO FARE IL CENONE DI NATALE! o perlomeno intorno al desco non ci potranno essere più di 6 persone (così consigliano gli esperti del settore). Ecco a questo proposito mi ricordo quando vivevo da bambina a Villasanta (MI) il Natale era più o meno così: Vigilia di Natale, ore 21 Una campanella suonava (era la nostra padrona di casa che sulle scale sbatacchiava la povera campanella per noi bambini) e noi ragazzini dovevamo correre a letto che quella era la campanella di Babbo Natale che avvisava che era giunta l'ora della nanna. Non esisteva cenone, per lo meno non a casa mia. L'indomani, giorno di Natale mi svegliavo prestissimo per andare a vedere se in quella che pomposamente chiamavamo sala, c'era qualche pacchetto. Ovviamente c'era, magari uno o due e io ero entusiasta di qualunque cosa potessi trovare. Poi c'era il pranzo di Natale che consisteva in pasta in brodo e fagiano ripieno con patate al forno. Panettone e stop.

Quanti eravamo a tavola? Mio papà, mia mamma e io, che i nonni erano a Milano e Verona e a Villasanta non avevamo parenti. 

Questo per dire che se per un anno non si fanno stravizi si vive lo stesso, l'importante è sapere che le persone a cui vuoi bene e che ti vogliono bene siano al sicuro da possibili contagi. Quando finirà tutto questo, perchè finirà, allora potremo ricominciare ad abbracciarci e a fare megacenoni tutti insieme.