a me gli occhi

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Miw - la gatta

giovedì 9 novembre 2017

Avances sgradite




In questi giorni non si fa altro che sentire di attrici che denunciano personalità del cinema di averle sottoposte a violenze sessuali o avances sgradite. Nel mio piccolo anche io all'età di poco più di 16 anni mi trovai ad essere involontaria protagonista di un episodio molto sgradevole. Avevo da pochi mesi avuto l'incidente in macchina che per poco non mi aveva fatto morire bruciata viva e stavo faticosamente superando il trauma di tutte le ustioni riportate al volto e alla mano. Facevo molta fatica a stare con gli altri per non dovere continuamente rivangare quell'episodio della mia vita e rispondere a tutte le domande che puntualmente mi venivano poste circa le mie numerose cicatrici. C'era un mio amico che volendo "tirarmi" un po' fuori dalla prigione in cui mi ero chiusa da sola, una domenica volle portarmi insieme alla sua famiglia a Dervio dove lui e il padre, stimato ortopedico di Milano, avevano una piccola barca a vela nel locale club nautico. Quella gita divenne una piacevole consuetudine e domenica dopo domenica mi insegnarono a fare il prodiere sulla barca a vela, governando il fiocco, la piccola vela triangolare che c'è a prua, mentre lui o il padre tenevano il timone e la randa. Mi divertivo molto e un po' di spensieratezza era tornata in me. Una domenica ci sarebbe stata una regata tra barche a vela dello stesso tipo. Naturalmente io sarei rimasta a terra a fare il tifo, ma si avvicinò al padre del mio amico un altro socio chiedendo se conoscevano qualcuno che avrebbe potuto fargli da prodiere, che il suo non era arrivato. Mi chiesero se me la sentivo e io un po' stranita per la grande responsabilità dissi di sì.
La prima parte della regata andò per il meglio, il vento gonfiava le vele e io cercavo di svolgere al meglio il mio compito di prodiere.
Poi, all'improvviso.....bonaccia. Fermi in mezzo al lago aspettavamo che il vento tornasse per permetterci di doppiare la boa e tornare al porto. Fu allora che quel "gentile" signore che poteva essere tranquillamente mio padre cominciò a farmi strani discorsi e a cercare di avvicinarsi a me.
Dopo un primo momento di stupore da parte mia davanti al suo comportamento cominciai a dirgli di stare al suo posto, che se si fosse avvicinato avrei urlato così forte che mi avrebbero sentito fino in Svizzera, lo minacciai di buttarmi a lago e tornare a nuoto....insomma cercai di tenerlo a bada come potevo. Fortunatamente si rialzò il vento e lui fu costretto a governare la barca e fu così che tornammo al club nautico a riva.
Quando scesi dalla barca ero così arrabbiata e spaventata che il mio amico mi chiese cosa era successo. Io gli raccontai tutto e lui partì in quarta chiamando il padre e raccontandogli tutto. Li vidi incamminarsi come due furie verso quella persona e so che gli rifilarono un cazzotto sul naso e poi lo fecero radiare dal club.
A me, tutto sommato è andata bene, primo perché nessuno ha messo in dubbio le mie parole e poi perché invece di permettere alla paura di paralizzarmi il cervello, ho lasciato che la rabbia mi desse la forza di contrastare le avances non gradite.
Non so che fine abbia fatto quel "galantuomo" ma sono sicura che la lezione ricevuta gli sia servita per capire che non si può sempre cedere ai propri bassi istinti  e che la ragione e il rispetto
devono sempre avere la precedenza nei propri comportamenti.

domenica 24 settembre 2017

Riflessioni sull'uso e l'abuso di internet

Sempre più spesso mi arrabbio leggendo commenti sui social o guardando certe condivisioni di notizie false o modificate che mi appaiono in bacheca. Mi arrabbio perché leggo errori sempre più grossolani di italiano scritti con facilità e mi arrabbio perché so che se scrivi una parola in modo errato subito sotto quella parola compare una linea rossa che ti avvisa dell'errore, avviso sempre ignorato da chi scrive. E' la fretta, la scusante più usata. Sono convinta che rileggere ciò che si scrive non porti via così tanto tempo. Mi arrabbio quando vedo la "K" che sostituisce il nostro italianissimo "CH" o le parole scritte senza vocali per fare prima. Mi arrabbio perché penso che non si risparmia denaro nello scrivere una parola completa, ma si rende, invece, più intellegibile ciò che si scrive.
Mi arrabbio quando vedo usare i verbi in modo incivile, deturpando la nostra bellissima lingua, così ricca e melodiosa, riducendola ad una cacofonia di suoni.
Mi arrabbio quando vedo condivisi dei link di notizie false, fuorvianti, che servono solo ad esacerbare gli animi di tutti coloro che non si curano di verificare le fonti, l'attendibilità delle notizie, e continuano a farle girare in rete provocando sempre più odio verso questo o quel politico o gruppi di persone.
Mi arrabbio quando si presta più fede a chi, senza nessun titolo, mette in circolazione notizie false riguardanti la salute di tutti.
Internet è nata con uno scopo diverso: la condivisione del sapere non delle bugie.
Ormai tutti, basta che abbiano per le mani, un computer, un tablet o un cellulare di ultima generazione si reputano degli internauti, solo per il fatto che sanno accenderlo e premere un "like" o il tasto della condivisione.
Viaggiare in rete comporta degli obblighi, primo fra tutti il rispetto per gli altri, evitando insulti, o peggio raggiri o messe alla berlina, distruggendo perfino vite facendo dello stalking.
Internet può e deve essere una fonte utile di informazioni, quelle informazioni che una volta andavamo a cercare su un dizionario o una enciclopedia e che servono ad arricchire il nostro sapere.
Per questo bisogna imparare a usare la rete in modo consapevole, essere certi di non venire manipolati nella condivisione di falsità. Non bisogna avere fretta nel condividere qualsiasi cosa, ma prendersi del tempo per verificare sempre il contenuto che si vuol condividere. Eviteremo così di continuare a immettere in rete della spazzatura.

mercoledì 7 giugno 2017

Una piccola grande luce

In questi giorni nei quali notizie nefaste sono all'ordine del giorno  intristendo gli animi, una piccola grande luce ha illuminato la nostra famiglia: è nato Riccardo, il mio secondo nipotino,
 Quando aspettavo la mia seconda figlia non c'erano tanti esami ed ecografie che ci potessero anticipare e addirittura far "vedere" l'esserino che era nel ventre materno, così con mio marito decidemmo che se fosse nata una bimba l'avremmo chiamata Chiara, se fosse stato un bimbo il suo nome sarebbe stato Riccardo. Allora nacque Chiara.
Da allora sono passati 36 anni. L'attesa è stata lunga ma giovedì 1 giugno 2017 alle 23,41 è finalmente nato Riccardo. Il cerchio si è chiuso, un cerchio d'amore in un nome. Buona vita nipotino, hai due splendidi genitori e una fantastica sorellina e non ti mancherà mai l'amore dei tuoi nonni.
La buona salute, l'amore, la felicità e la fortuna siano il tuo bagaglio.


sabato 13 maggio 2017

AUGURI MAMME!


Domani 14 maggio festa della Mamma.

A tutte le mamme passate presenti e future l'augurio più affettuoso da una mamma.









Tedesco:     Herzliche Grüsse zum Muttertag
Spagnolo:     ¡Feliz día de la Madre, Mamá!
Catalano:     Feliç dia de la Mare!
Inglese:     Happy mother’s day
Italiano:     Buona festa mamma!
Portoghese:     Feliz Dia das Mães!
Francese:     Bonne Fête maman
Sloveno:     Vesel Dan Zena
Polacco:     Wszystkiego najlepszego mamo!
Svedese:     Grattis på Mors dag
Finlandese:     Onnea äitienpäivänä
Olandese:     Fijne Moederdag! oppure: Gefeliciteerd!
Norvegese:     Gratulerer med morsdagen!
Ungherese:     Boldog anyák Nápját
Indonesiano:     Selemat (hari) ulsang tahun Ibou
Malese:     Selamat hari ibu
Russo:     C npazgHuKou, uaua !
Turco:    Iyi bayramlar anne
Ebraico:     Yom Haem
Albanese:     Urime Mami

domenica 7 maggio 2017

6 maggio 1976

Ero sposata da poco più di un mese quando l' AGIP Mineraria, società presso la quale lavoravo, mi spedì con altri colleghi a Canzo per un corso di aggiornamento. All'epoca non c'erano cellulari, internet whatsapp o uccellini cinguettanti con i quali poter inviare messaggi in tempo reale, c'erano la radio e la televisione e le notizie venivano raccontate solo con quei mezzi.
La giornata del 6 maggio era passata tra corsi vari e la sera noi tutti ci si riuniva nella hall dell'albergo per fare quattro chiacchiere. Non mi ricordo se la notizia del terremoto che alle 21 di quella sera aveva colpito il Friuli ci arrivò la mattina seguente o nelle prime ore del pomeriggio del 7 maggio, sicuramente ci lasciò scioccati e interdetti anche perché eravamo tutti geologi e sapevamo molto bene di cosa si trattava. Qualcuno dei miei colleghi maschi decise di non finire il corso di aggiornamento e partì subito per quei luoghi martoriati per dare un aiuto sia fisico che cognitivo.
L'orcolat (così venne chiamato il terremoto) distrusse 45 paesi che furono rasi al suolo, altri 45 gravemente danneggiati e 52 danneggiati. Distrusse la vita a 990 persone, lasciò senza casa più di 100.000 persone.
In molti si mossero per portare aiuti fra questi L'esercito americano che era di stanza ad Aviano e l'esercito Austriaco che in barba alle leggi di confine arrivò con mezzi e uomini.
All'epoca non esisteva la Protezione Civile, ma il corpo degli Alpini si distinse per l'organizzazione e il lavoro fatto.
Molti milioni furono raccolti e vennero tutti gestiti dalla Regione Friuli Venezia Giulia che li convogliò ai vari comuni che impiegarono quei fondi con grande oculatezza e onestà riuscendo a ricostruire in pochi anni tutti i paesi distrutti.
La vita è strana: io quel 7 maggio 1976 non sapevo che di lì a pochi anni, cinque per l'esattezza, mi sarei trasferita proprio a Codroipo in Friuli e che vi avrei vissuto per qualche anno.
Vivere lì mi ha consentito di conoscere e apprezzare il carattere delle genti friulane, persone forti, toste, dure come le rocce delle loro montagne, che non si sono lasciate prendere dallo sconforto, ma che hanno saputo reagire con tanta forza a quella strage.
Sono rimaste impresse nella mia memoria le parole del Vescovo di Udine che già dopo pochi giorni dal sisma  disse : "Per prima cosa ricostruite le fabbriche, poi le case e se ci rimane qualcosa per ultime le chiese".

 E come si legge in questa foto il Friuli non ha dimenticato ed ha restituito: A Samano nelle Marche una scuola per 80 bambini verrà ricostruita con fondi che arrivano dalla Regione Friuli e dai Friulani. E come si dice in Friuli quando si saluta....Mandi!

domenica 23 aprile 2017

FILI CHE SI RIANNODANO

Ci sono ricordi che rispuntano dal passato in modo totalmente inaspettato, basta che un giorno si decida di fare pulizia fra le cose accumulate in cantina e aprendo uno scatolone si apre un vaso di Pandora di ricordi di tanti tanti anni fa.
Ieri ho fatto proprio questo, ho aperto un vaso di Pandora di ricordi di 60 anni fa. Ho ritrovato l'album dei ricordi di quando ero bambina e sfogliandolo ho rivisto la foto della 5a elementare. Tanti bei musini in bianco e nero in una foto un po' ingiallita dal tempo.
Nella pagina a fianco le firme, tutte scritte in bella calligrafia, delle compagne di allora e leggendo quei nomi mi sono chiesta che cosa ne fosse stato di tutte loro.
Meno male che oggi abbiamo un mezzo bellissimo, se usato bene, per poter cercare di ritrovare persone lontane nel tempo: Face-book.
Mi sono detta ...perché non provare? Ho scannerizzato la foto e l'ho postata in un gruppo pubblico del paese dove avevo frequentato le elementari, Villasanta.

Ormai i gruppi di Sei di......se si sono formati un po' dappertutto e io con fiducia ho provato a chiedere aiuto ai suoi membri nel ritrovare o almeno avere notizie delle mie compagne.
Mai avrei pensato che in pochi minuti già due figlie/i e una nipote mi rispondessero, ma soprattutto mai mi sarei immaginata di ritrovare anche amici che vivevano nella stessa via e con i quali avevo giocato. E' stata una bellissima emozione riallacciare quei fili col passato, sapere che ancora si ricordavano di quella bambina che si era trasferita a Milano nel 1958. Sono passati 60 anni è vero, ma la gioia che ho provato è stata grande. Ecco questo, credo, è un modo utile e intelligente di usare i social, ritrovare le proprie orme, riannodare i fili....essere veramente "social".

venerdì 21 aprile 2017

RICORDI DI TRE GENERAZIONI

Sono una che conserva molte cose, soprattutto i ricordi ed è così che oggi, presa da una irrefrenabile voglia di fare pulizia, sono scesa in cantina e ho cominciato a guardare nei vari scatoloni cosa poteva essere buttato.
Così, in una scatola con tante foto che appartenevano a mia madre, sono saltati fuori tre piccoli libri di ricordi uno di mia nonna, uno di mia mamma e uno mio.
Anni fa si usava regalare alle bambine, soprattutto nel giorno della prima comunione, un bel diario rilegato in pelle con tante pagine su cui poter far scrivere alle persone care, parenti o amici, dei pensieri da conservare per il futuro. Ora non si usa più, ma per me è stato emozionante aprire quei diari appartenuti a mia nonna e a mia mamma. Sono rovinati dall'umidità della cantina, le loro pagine sono ingiallite, ma ancora conservano i disegni e i pensieri vergati con quella scrittura di tanti anni fa.
















 Il diario di mia nonna è datato nel maggio del 1898 e leggendo i pensieri di quelle che credo fossero le sue compagne di scuola, ho dedotto che quelli erano i giorni della fine di un corso di studi che avrebbe visto tutte quelle ragazze andare nel mondo col loro diploma di maestra.

Mia nonna all'epoca era già orfana di entrambe i genitori e da Padova (dove aveva frequentato la scuola magistrale) si sarebbe poi spostata a Mestre e da ultimo a Verona.










Quello di mia madre le è stato regalato il giorno del suo 14° compleanno, il 30 luglio del 1923 da sua madre, cioè mia nonna e l'ha accompagnata fino al 1930 con le dediche, i pensieri e i disegni delle sue amiche.







E per ultimo il mio datato 1957 con le dediche della mamma, del papà, della mia maestra delle elementari, delle compagne di classe e degli amici del cortile, degli amici dei miei genitori e perfino la foto con dedica e autografo di Adolfo Consolini grande discobolo italiano.









 Oggi se dovessi regalare un diario di questo genere a mia nipote forse mi guarderebbe "strano" perché oggi non si usa più scrivere pensieri con la penna su un diario rivestito di pelle, ora si manderebbe un messaggino sul cellulare con la segreta speranza che non venga cancellato in un attimo.

martedì 4 aprile 2017

Il cellulare

Sono dell'idea che il cellulare sia stata un'ottima invenzione finché si trattava di essere reperibili con facilità, ma negli ultimi anni ho visto questa utile invenzione diventare un mezzo di schiavitù per l'uomo.
Ho resistito fino a che ho potuto prima di averne uno, mi serviva soprattutto per essere reperibile a causa delle condizioni di salute di mia madre e anche assentarmi per andare a fare la spesa era un problema viste le frequenti piccole ischemie che colpivano mia madre.
Ho faticosamente imparato ad usarlo, ma ci sono riuscita, poi come credo sia capitato a molti, quel piccolo aggeggio che doveva servire solo a ricevere e fare chiamate o messaggi si è trasformato in un infernale aggeggio che ti permetteva di avere sottomano anche internet con i social media, di fare fotografie, brevi filmati da mettere in rete all'istante. E' così cominciata la schiavizzazione del nostro tempo.
Mi sono stati regalati modelli sempre più tecnologici di cui sapevo a mala pena usare un 50% delle loro proprietà. I tecnologi di casa mia mi hanno aperto internet, collegato a face-book a Whatsapp fino a che stanca di vedere il mio cellulare sempre in attività anche di notte (per riuscire a caricare foto inviate da parenti a amici) ho preso una decisione drastica: ho disattivato tutto. Ora il mio cellulare serve solo a fare e ricevere chiamate e mandare o ricevere messaggi, con la conseguenza che la batteria non mi si scarica più dopo due ore.
Mi rendo conto di essere fuori dal giro, ma credo che vivere col cellulare in mano di giorno e di notte e a tutte le ore non faccia bene alla salute. Se esco a passeggiare voglio guardare dove metto i piedi non uno schermo.
Spesso mi rendo conto, guardando gli altri, che a furia di stare col cellulare in mano non guardano quello che fanno, non prestano attenzione se sono alla guida dell'auto o pedalano in bicicletta con conseguenze spesso disastrose. Insomma per quello che mi riguarda io non sono più schiava di quella scatoletta petulante, e vivo molto meglio.

venerdì 17 marzo 2017

17 marzo 1861- 17 marzo 1961




Oggi 17 marzo 2017 si festeggia il 156° anniversario dell'Unità d'Italia. 
Ricordo con tenerezza un giorno di marzo del 1961 quando in terza media con la mia classe siamo andate in gita a Torino per il centenario dell'Unità d'Italia. Che emozione prendere il pullman senza genitori e fare quello che per noi era un lungo viaggio da Milano a Torino, scoprire per la prima volta quella città. Per celebrare questo ragguardevole compleanno a Torino era stato costruito un intero nuovo quartiere nella parte sud della città chiamato ITALIA 61 dove erano state organizzate la Mostra Storica dell'Unità d'Italia,  la Mostra delle Regioni Italiane e l'Esposizione Internazionale del Lavoro.
 Le attrazioni principali furono la Monorotaia Alweg, il Cinerama (un sistema di proiezione cinematografica a 360° della Walt Disney), la funivia che passava sopra il Po collegando il Parco del Valentino con il Parco Europa ed edifici costruiti per l'occasione come il Palazzo del Lavoro e il Palazzo a Vela.
Naturalmente a scuola avevamo studiato il Risorgimento e ci sentivamo molto curiose nel visitare i Palazzi che avevano visto nelle loro bellissime sale camminare personaggi importanti come il Re e Camillo Benso conte di Cavour.
Certo l'Italia era "fisicamente" unita, non esistevano più ducati o regni o principati, tutto era stato riunito sotto lo scettro del Regno dei Savoia, ma se ci penso ora, con l'esperienza dei miei anni,  in quegli anni, come del resto anche ora, non c'era e non c'è l'unità degli Italiani.
Ricordo che in quegli anni i meridionali che emigravano al nord in cerca di un lavoro e di una speranza di vita migliore, erano trattati peggio che cani rognosi, tanto da poter leggere cartelli sulle porte dei bar che dicevano "vietato l'ingresso ai cani e ai terroni". 
Oggi forse i meridionali sono presi un po' meno di mira perché gli italiani se la prendono con un altro genere di immigrati, quelli che ci porta il mare e che arrivano dalla Siria, dall' Afganistan, dal Pakistan, dall'Africa del nord o sub Sahariana.
Ancora oggi più che Italiani gli abitanti di questo Paese, si sentono Piemontesi, Padani, Napoletani (neppure Campani), Siciliani, Alto Atesini, c'è ancora molto, troppo campanilismo, non sappiamo essere orgogliosi di tutta la nostra bella Italia che si parli delle Alpi o si parli della Sicilia: ci si ferma ad essere orgogliosi della propria città, al massimo della propria regione, ma non si va più in là.....e mi spiace doverlo dire, ma gli Italiani sono fieri della loro bandiera e cantano con orgoglio il loro inno solo quando si vince una coppa del mondo in campo calcistico o un campionato mondiale di corsa di moto o di auto.
Ecco il giorno in cui gli italiani saranno veramente uniti, allora sì si sarà compiuta davvero l'Unità d'Italia.






lunedì 20 febbraio 2017

La disoccupazione e la voglia di lavorare

Non passa giorno che non si leggano titoli riguardanti la disoccupazione giovanile. L'ultimo l'ho letto poco fa:

"MEGLIO DISOCCUPATO CHE POSTINO": IL 90% DEI SELEZIONATI PREFERISCE NON LAVORARE


Ora io non sono al corrente di quanto possa essere lo stipendio di un postino, certo è che ci si deve alzare presto, con qualsiasi tempo e pedalare per consegnare la posta. 
Mi è tornato in mente quando io, giovane studentessa di scuola superiore e poi universitaria mi inventavo mille lavoretti per non pesare sulle tasche di mio padre. Non ho mai percepito quella che oggi si chiama "paghetta" e non ho mai avuto la possibilità di andare a fare shopping con allegria perché di soldini in casa non ce n'erano molti da buttare via, eppure non mi sono mai mancate un paio di scarpe o il maglioncino da indossare, certo me li sudavo, ma che soddisfazione poter dire...me lo sono guadagnato. 
Per una decina di anni ho fatto la hostess sui pullman di una scuola elementare di Milano alzandomi alle 6.30 del mattino per andare a prelevare a casa gli alunni, accompagnarli a scuola e poi riportarli a casa.
Ho fatto la baby sitter il sabato sera, invece di andare a ballare con gli amici, ho dato ripetizioni, ho venduto calze, ho fatto la dattilografa battendo a macchina relazioni la sera invece di uscire. Ho anche lavato le scale della palazzina dove vivevo (4 famiglie) essendo venuta a mancare la persona addetta e  due volte la settimana lavavo le scale e lucidavo gli ottoni. 
Ho lavorato anche nell'officina di mio papà, come operaia part time a produrre avvolgimenti elettrici quando mancava una delle ragazze e il lavoro bisognava consegnarlo con urgenza,
Il tutto senza mai smettere di andare a scuola e studiare.
Certo ho sacrificato il divertimento, ma mi sono fatta le "ossa" imparando a rispettare il lavoro, qualunque esso sia purché onesto.
Quando leggo notizie come quella citata sopra mi viene il forte dubbio che forse i nostri giovani vengono cresciuti un po' troppo nella bambagia e, abituati fin da piccoli ad avere la paghetta, non capiscono che se vuoi avere uno stipendio devi faticare, che la mattina ti devi alzare presto, che magari devi anche fare qualche chilometro per raggiungere la sede di lavoro. Di conseguenza è ovvio che è molto più comodo avere un sussidio di disoccupazione che ti consenta di avere l'argent de poche per poter andare al cinema o a ballare con gli amici e che ti consente di dormire fino a tardi la mattina. Sicuramente ci sono anche quelli che farebbero salti mortali per avere un lavoro e che magari non lo trovano e che sarebbero disposti a fare qualunque cosa, anche la più umile pur di lavorare, ma ci sono anche quelli che magari neo diplomati pensano che gli venga offerto fin da subito un posto da dirigente. 
Sarò cattiva e malpensante ma spesso mi viene il dubbio che non sia il lavoro che manca, ma che a mancare sia la voglia di lavorare.

sabato 4 febbraio 2017

GLI ALBUM DI FOTOGRAFIE

Fino a qualche anno fa le fotografie si stampavano e si mettevano in bell'ordine negli album per poter avere un ricordo da poter rivedere ogni volta che si voleva. Oggi con la tecnologia gli album non servono più, le foto si conservano nella memoria del cellulare o in quella del computer. Certo è molto più comodo, le foto non sbiadiscono con gli anni, i colori non "virano" al rosso e i particolari si notano meglio. Ma il fascino di un vecchio album non sarà mai paragonabile a quello di un album virtuale. Ogni tanto la mia nipotina di quasi 4 anni mi chiede: "Nonna me lo fai vedere il mio babbo quando era piccolo?" e io naturalmente tiro fuori gli album di quegli anni dove le faccio scoprire pagina dopo pagina il suo babbo piccino che fa il bagnetto o la pappa seduto sul seggiolone, le spiego chi sono le persone che ci sono in fotografia come i nonni e le nonne del suo babbo e le dico..."vedi? questa era la mia mamma, la nonna del tuo papà"......oppure...."questa è zia Chiara quando è nata e il tuo papà aveva 4 anni proprio come te oggi".......e questa col pancione sono io quando aspettavo il tuo babbo che era in quel pancione, proprio come lo sei stata tu nel pancione della mamma e come adesso c'è il tuo fratellino che arriverà a giugno". Lei si intenerisce e sorride, poi con gli occhioni sgranati mi chiede: "ma quando aspettavi il mio babbo eri giovane?" Già per lei forse io sono sempre stata così coi capelli bianchi e gli acciacchi e mi piace farle vedere che anche io sono stata una bambina, poi una ragazza e una mamma prima di diventare una nonna.

sabato 21 gennaio 2017

GLI EROI




Eroe: Persona che per eccezionali virtù di coraggio o abnegazione s'impone all'ammirazione di tutti.

Ecco questa è la definizione di questa piccola semplice parola. Ma io aggiungerei anche che sono persone che operano nel silenzio e nell'anonimato più assoluto. 
In questi tragici giorni stiamo scoprendo o riscoprendo, come preferite, che in Italia abbiamo tanti eroi. Sono Volontari della Protezione Civile, Soccorso Alpino, Carabinieri, Guardie di Finanza, Guardie Forestali, Guardie Costiere, Soldati del Genio Civile, Polizia, Vigili del Fuoco, uomini e donne che stanno operando con grande impegno, dedizione, professionalità e immane  sforzo superando ostacoli che sembrerebbero insormontabili per trarre in salvo persone sotto la neve, sotto le macerie di un terremoto, alla deriva su barconi fatiscenti in mezzo al Mediterraneo.
Sono persone normali, come tutti noi, ma che hanno un qualcosa in più: sfidano la morte stessa con coraggio e senza risparmiarsi per salvare quante più vite possibili da morte certa o per dare degna sepoltura a chi non ce l'ha fatta.
Persone umili, che non cercano la visibilità mediatica per quello che fanno, ma il cui volto si illumina di gioia quando hanno fra le braccia un bambino salvato da morte sicura, o lacrime di scoramento quando il corpo che hanno strappato alla valanga, alle macerie o alle acque del mare non è più vivo.
Stanno lavorando tutti fino allo spasimo, senza risparmio di forze. Li stiamo vedendo in Abruzzo alla disperata ricerca di chi è stato sepolto dalla slavina ed è rimasto imprigionato nell'albergo sotto la neve. Li stiamo seguendo nelle zone martoriate del terremoto e dalla bufera di neve mentre cercano di riaprire le vie di comunicazione per raggiungere chi è rimasto isolato o impegnati a salvare chi è abbandonato in mezzo al mare.
Per questo credo che quando incontriamo una persona in divisa che sia poliziotto, carabiniere, Vigile del fuoco o volontario l'unica cosa che possiamo fare è rispettare quella divisa, quell'uomo e ringraziare attraverso lui o lei tutti quelli che portano la stessa divisa perchè loro sono gli eroi.


domenica 1 gennaio 2017

UN NUOVO ANNO TUTTO DA SCRIVERE











Il nuovo anno è arrivato con i cenoni, i botti e i fuochi d'artificio, con le bottiglie stappate e i bicchieri riempiti, con i brindisi, gli abbracci e gli auguri.
Un nuovo anno è arrivato: è come un libro di 365 pagine tutte bianche, tutte da scrivere.
Saremo tutti noi a riempire quelle pagine bianche.
Facciamo in modo di riempirle di parole non di parolacce, di pensieri positivi, non di pensieri cattivi.
Scriviamo quel libro tutto nuovo con amore, lasciamo nella penna le cattiverie, i cattivi propositi e i pensieri negativi.
Riempiamo quelle pagine di buoni propositi, impegniamoci tutti a scrivere cose buone.
Forse così arriveremo all'ultima pagina con la consapevolezza di aver dato il meglio di noi e di aver scritto tutti insieme un bel libro, un libro da poter leggere ai nostri bambini, che aspettano un futuro sereno. Buon Anno e Buona scrittura.