a me gli occhi

a me gli occhi
Miw - la gatta

domenica 24 novembre 2013

27 novembre 1973

Fra tre giorni saranno quarant'anni dal giorno in cui ho discusso la mia tesi alla Facoltà di Scienze Geologiche dell'Università Statale di Milano. Quanto tempo è passato! Una vita. Quel giorno, me lo ricorderò sempre, ero molto emozionata. Avevo fatto prove su prove davanti allo specchio ripetendo la presentazione che avrei dovuto fare davanti alla commissione di esame, ma temevo il classico black-out da "fifa". Eravamo in otto quel giorno a discutere la tesi i nostri rispettivi lavori si concatenavano l'un l'altro in un lavoro più grande: erano tessere di un puzzle che ricopriva il territorio delle Langhe sul quale il nostro professore Romano Gelati stava svolgendo degli studi per una pubblicazione.  Avevamo fatto i rilievi in loco e raccolto campioni di terreno dal quale in laboratorio dopo i lavaggi e le operazioni necessarie avevo estratto i microfossili che avrei studiato sotto un microscopio a scansione per determinare il loro riconoscimento e stabilire le datazioni di quei terreni.
Ho perfino scoperto un paio di specie non conosciute e con mio grande stupore il Professore mi invitò a chiamarli col mio nome. Ho scritto personalmente a macchina la mia
 tesi sulla mitica Olivetti Lettera 35 e ho disegnato profili geologici (purtroppo il tempo ha ingiallito il mio lavoro), fatto sezioni, schemi, colorato carte geologiche e topografiche......il tutto compariva in un raccoglitore chiamato Allegati.

Tornando a quel 27 novembre, dicevo, ero molto emozionata, ma quando arrivai alla Sede Universitaria di via Festa del Perdono, dove si sarebbe compiuta la fine del mio corso di studi, l'emozione si tradusse in panico: davanti all'Università si erano radunati degli studenti che man mano il tempo passava aumentavano in numero, per contestare e occupare la sede universitaria. Sgattaiolammo dentro e ci andammo a rifugiare in quella striminzita aula, un po' decentrata, dove con un orecchio alla porta e uno ai professori, avremmo discusso le nostre tesi.
Uno alla volta facemmo il nostro dovere con il terrore che all'improvviso quella porta, che era stata chiusa a chiave, all'improvviso venisse abbattuta dai contestatori e che noi saremmo stati buttati fuori a manganellate. Fortunatamente tutto andò bene e alla fine noi tutti riuscimmo a esporre le nostre tesi, a rispondere alle domande della Commissione e a tirare un gran respiro di sollievo.

Ricorderò sempre con gioia e stupore la faccia di mio padre dopo che fui proclamata "dottore" era talmente emozionato che il suo viso era diventato rosso come un pomodoro. Mio padre era un uomo di poche parole e infatti parole non ne disse, non ne era in grado, ma il suo viso mi parlò in silenzio e quello che mi disse l'ho ancora dentro me.

venerdì 22 novembre 2013

Caro Paese mio.....

....ti scrivo questa lettera per scusarmi con te. Sono nata sulla tua terra, sono cresciuta giocando sui tuoi prati, ho goduto dei tuoi mari e delle tue montagne. Ho studiato la tua storia e la tua formazione geologica, ho visto le ferite che ti hanno inferto, gli scempi a cui sei stato sottoposto, la mancanza di educazione nei tuoi confronti da parte di chi vive su di te e di te. Ho goduto del tuo clima, dei freddi inverni nevosi e delle calde estati azzurre, delle primavere e degli autunni colorati, ho nutrito il mio spirito con tutte le tue bellezze naturali e delle opere d'arte lasciate in eredità dai nostri antenati. Ho cercato di trasmettere l'amore e il rispetto che ho per te ai miei figli, ma non è stato abbastanza. Troppi miei simili ti hanno depredato, ferito, distrutto, non hanno rispettato le leggi della natura, sventrando montagne e disboscando senza criterio boschi e colline, impoverendo le loro difese naturali. Hanno canalizzato torrenti e fiumi, rendendoli armi micidiali in caso di piogge eccezionali. Hanno riempito i letti dei fiumi di spazzatura e i mari di plastica, uccidendo la vita nei mari e nei fiumi, hanno avvelenato la tua terra e il tuo cielo. Ma non sono solo i miei compatrioti a fare tutto questo. In tutto il mondo l'uomo sta uccidendo lentamente la Terra, contribuendo anche a esacerbare i cambiamenti climatici che esistono già in natura da che il nostro pianeta si è formato 4500 milioni di anni fa.
Se l'uomo non imparerà a rispettarti, a difenderti, a far guarire le tue ferite, se non imparerà ad amarti e non a sfruttarti, presto non avremo più una terra da poter chiamare patria, presto non avremo più un pianeta su cui vivere.

domenica 10 novembre 2013

E' arrivata la televisione!

Era l'aprile del 1952 e avevo circa sei anni. Con mia madre ero andata a Milano a vedere la Fiera Campionaria, cosa che per me era più che andare a Disneyworld, più che andare in vacanza al mare, era fare un viaggio avventuroso fino a Milano, era tuffarmi nel futuro, era tornare a casa piena di omaggi pubblicitari, di locandine, di libriccini da poter orgogliosamente mostrare ai miei compagni di giochi. Si andava alla Fiera pieni di aspettative, di curiosità.
Chissà che novità vi avrei trovato, quante nuove invenzioni avrei potuto vedere! Sì quell'anno la novità c'era e anche grossa: la televisione era finalmente arrivata, quella scatola magica che faceva sognare tutti, grandi e piccoli tra non molto tempo sarebbe stata in tutte le case.
Quando la sera arrivai a casa, a Villasanta dove abitavo, non stavo più nella pelle, tanto ero eccitata all'idea di raccontare al mio papà cosa avevo visto: entrai di corsa in quella che doveva essere la nostra sala da pranzo, ma che in effetti era uno studio-laboratorio di mio padre dove lui trafficava con tutte le sue cose elettriche e........rimasi senza parole! Davanti a me sul tavolo c'era una di quelle scatole magiche...un televisore!                                                                    
Mi sentivo come fossi in un sogno, non ci potevo credere: quella cosa costava un sacco di soldi e noi non ce la potevamo certo permettere. Guardavo il mio papà e non capivo. Allora lui mi disse: "mi hanno prestato questo apparecchio televisivo perché devo studiare e costruire delle antenne televisive che riescano a catturare le onde televisive. Mi raccomando non lo toccare mai, non è nostro e se si rompe........"
E chi lo toccava? Per me era come se fosse di ferro rovente, non lo avrei toccato per niente al mondo!

Potei vedere così le primissime trasmissioni di prova che venivano inviate da Torino: duravano forse mezz'ora non di più, ma io rimanevo lì a bocca aperta e zitta, si può dire che manco respiravo per la paura di "disturbare"!
Il 10 settembre del 1952 venne trasmesso il primo Telegiornale in via sperimentale, durò circa 15 minuti, ma c'erano addirittura dei collegamenti con le altre sedi RAI.
Naturalmente quel televisore rimase in casa nostra come pagamento del lavoro fatto da mio padre con le antenne e io divenni molto importante per tutti i miei compagni di cortile. Eh sì dovevano tenermi buona e cara altrimenti non avrei fatto loro vedere i telefilm di RIN TIN TIN che venivano mandati in onda alle 17 con la TV dei Ragazzi!
Pensate in quegli anni in tutta Villasanta c'erano solo due Televisori, uno era in casa della famiglia più ricca del paese e l'altro era in casa mia!
Naturalmente quando iniziarono le trasmissioni di Lascia o Raddoppia o quando c'era il Festival di San Remo, praticamente tutte le famiglie del cortile venivano la sera a casa nostra, tutti stretti in cucina a guardare Mike Buongiorno che conduceva i suoi quiz o ad ascoltare Nilla Pizzi o Natalino Otto che si esibivano a San Remo. Poi i televisori cominciarono ad arrivare un po' in tutte le case, erano diventati più abbordabili come spesa e naturalmente cominciarono a diventare uno status symbol.
Ora esistono televisori bellissimi a colori, ad alta definizione, con schermi giganti e centinaia di canali fra cui spaziare, ma quel televisore, credetemi, per me rimarrà sempre " IL TELEVISORE" per eccellenza.


lunedì 4 novembre 2013

Comunicazioni dall'aldilà

Quanti di voi sognano? Tutti, anche se non sempre si ricordano i sogni fatti, ma a me oggi nelle prime ore del mattino è arrivato un sogno premonitore, anzi più che un sogno, una richiesta di aiuto da chi non c'è più. Nei mesi scorsi è venuto a mancare un mio carissimo amico, tra l'altro testimone delle mie nozze, il quale si è presentato a me pallido e della grandezza di un bambino, ma sereno, con un gran sorriso e mi ha abbracciato così fortemente che quell'abbraccio mi ha riscaldato il cuore e l'ho sentito fisicamente.
"Bruno, che piacere vederti, come stai?"
"Bene, sono felice, ma Ivana non lo è. Si sente sola ed ha bisogno dei suoi amici. Anche il fratello è preoccupato per lei, non mangia e dimagrisce".
Mi sono svegliata con le sue parole nel cervello e appena l'orario si è fatto decente ho telefonato ad Ivana: si è aperta una diga di parole, di stati d'animo e ho capito che la mia telefonata l'ha fatta contenta.
Non so quanti di voi credano che chi passa all'altra vita non se ne va, ma ci rimane sempre vicino, io ci credo da sempre. Il legame di affetto che lega le persone è sottile, ma resistente al tempo, allo spazio. L'importante è saper ascoltare, tenere sempre le "orecchie" del cuore aperte, si potranno così sentire le loro richieste di aiuto, le loro parole di consolazione e il nostro cuore potrà continuare ad ascoltare il loro cuore.
P.S. Bruno stai sereno, ci prenderemo cura della tua Ivana.