a me gli occhi

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Miw - la gatta

venerdì 23 agosto 2013

Educazione....questa sconosciuta

Sempre più spesso mi rendo conto di essere stata colpita da un'intolleranza non alimentare, ma di tipo sociale: sono diventata intollerante alla maleducazione.
Ricordo che quando ero bambina e anche più grande, da ragazzina, non era ammesso che interrompessi gli adulti che stavano conversando, non era ammesso urlare o disturbare nelle ore pomeridiane quando si supponeva che qualcuno potesse fare il riposino, non era ammesso ascoltare radio o tv ad alto volume. Se ci si trovava a bordo di un tram o un filobus si lasciava il posto a persone anziane con un sorriso, si diceva sempre...per favore e grazie, non si pretendeva, si chiedeva qualcosa e se non ti veniva concessa non ci si metteva a fare un quarantotto.
Oggi sempre più di frequente vedo bambini lasciati liberi di fare quello che vogliono e genitori che guardano dall'altra parte. Per esempio nel Lido che frequento a Giardini Naxos ci sono le docce e una fontanella per chi desidera sciacquarsi dopo un bagno in mare. La fontanella, un semplice rubinetto posto a una settantina di centimetri dal suolo, serve per sciacquarsi i piedi dalla sabbia, ma per i bambini che frequentano il Lido è un gioco, dove prendere l'acqua con i  secchielli, lavarci i loro giochini, fare gazzarra e spesso lasciare il rubinetto aperto con un grande spreco di acqua, che tra l'altro i gestori del lido devono far arrivare col camion. Vi sono dei momenti di "traffico" quando per esempio ci si appresta a tornare a casa per il pranzo e la gente si deve mettere in fila per lavarsi i piedi prima di infilarsi le scarpe, ma malgrado la fila, vedi questi bimbi che incuranti di chi c'è prima di loro, ti sorpassano e si mettono addirittura fra te e l'acqua per fare ciò che vogliono e se li rimproveri ti guardano pure male. Ma quel che è peggio è che magari poco distante c'è la loro mamma che se li rimproveri ti dice seccata: "ma è solo un bambino!" Cara Mamma hai mai pensato che se non insegni a tuo figlio educazione e rispetto fin da piccolo, diventerà un adulto maleducato e prepotente?
Ecco oggi invece ho avuto un piacevolissimo incontro con un tappetto di due anni e mezzo, che, accompagnato dal papà, si stava facendo la "doccia" sotto quel rubinetto: con grande attenzione si è lavato da solo le gambine, poi si è girato e si è sciacquato il culetto e finito ciò ha pure chiuso il rubinetto! Mi è venuto spontaneo fargli i miei complimenti e non solo, mi sono complimentata anche col suo papà che gli sta insegnando l'educazione molto bene.
Forse non tutto è perduto, speriamo.


mercoledì 21 agosto 2013

telefonia: nuovo tipo di ....droga

Non sono amante dei telefoni, ovvero dei cellulari. Ho sempre pensato che il telefono sia una cosa che serve per comunicare cose importanti, o a tenere contatti con persone lontane, ma che comunque andasse usato con parsimonia. Sono decisamente una fruitrice molto scadente e con me le compagnie telefoniche non fanno certamente affari.
Ora, però, mi pare che si stia proprio esagerando! Mi trovo in Sicilia a Giardini Naxos, una perla di bellezza che dovrebbe rapire lo sguardo di chi cammina sul lungomare, impegnato solo a respirare il profumo del mare e a crogiolarsi sotto il sole......e invece? Invece vedo sempre più persone che camminano guardando il telefonino, o per meglio dire il touch-screen e digitano, giocano, intervengono sui social networks, senza degnare di uno sguardo chi cammina accanto a loro, rischiando di andare a sbattere contro un palo della luce o di investire camminando chi è sul marciapiede. In spiaggia poi, ragazzini che giocano sotto l'ombrellone, ma non con secchiello e paletta, ma con i video-games, signore che passano la mattinata a chiacchierare al telefono con le amiche (che magari hanno visto solo mezz'ora prima). E chi non parla o non digita, cammina tenendo orgogliosamente in mano il suo cellulare di ultima generazione. E' vero il cellulare serve per comunicare, ma se provassimo a metterli in un cassetto, per un giorno, e ci sforzassimo di comunicare con chi ci vive a fianco, non sarebbe meglio?
Ecco, più invecchio e più sento la nostalgia del telefono di una volta, quello appeso al muro, che ti costringeva a dire le cose essenziali ed a essere breve, altrimenti ti si addormentavano le gambe.



giovedì 15 agosto 2013

Io e la musica

Sono il risultato dell'incrocio fra una cantante lirica (soprano) e insegnante di pianoforte e uno "stonato puro" appassionato di musica sinfonica: ecco da questo si può dedurre che la musica è stata la colonna sonora che ha scandito la mia vita. Ricordo che quando ero bambina e vivevo a Villasanta (vicino a Monza), la camera da letto in cui dormivo con i miei genitori confinava con una sala da pranzo tramutata in studio/officina da mio padre....sala da pranzo perché effettivamente c'erano i mobili di una sala da pranzo, studio/officina perché il tavolo invece che piatti e bicchieri ospitava attrezzi vari, documenti, dischi e scheletri di radio a valvole e chi più ne ha più ne metta. In quella sala c'era anche il giradischi col quale mio padre ascoltava musica sinfonica mentre lavorava ai suoi hobbies la sera, dopo una giornata di lavoro passata nella sua officina di Milano e io mi addormentavo cullata dalle sinfonie di Beethoven oppure dalle composizioni di  Tchaikovsky, anche se le mie  ninnananne preferite erano la Moldava di Smetana e la Primavera di Grieg.
Mia madre invece riempiva le ore del giorno con lezioni di pianoforte e quindi scale, esercizi noiosi e sonatine e ripassi di arie operistiche per tenersi allenata la voce. Tentò anche con me con lo studio del pianoforte e per due anni dovetti sottomettermi a leggere note sul pentagramma proprio nelle ore in cui i miei compagni di giochi erano fuori in cortile a divertirsi. Anche se avevo dita agili, ero dotata di orecchio e sentivo il tempo ed ero intonata, lo studio del pianoforte non mi attraeva e si sa, se hai l'opportunità di avere sia lo strumento che l'insegnante in casa, quella che viene a mancare è proprio la voglia di apprendere.
Crescendo, come tutti i giovani, sono venuta a contatto con le canzoni. Le prime in assoluto quelle del Festival di Sanremo, che le famiglie seguivano con passione alla radio e i più fortunati con i primi televisori in
bianco e nero. Noi bambini si elemosinava ai genitori quanto bastava per comprare il libretto coi testi e ci si impegnava a studiare a memoria le canzoni per essere prontissimi a canticchiare soprattutto la canzone vincente.
Papaveri e papere, La casetta in Canadà, Vento, L'edera, quante belle canzoni venivano sfornate dal Festival e la gara era veramente delle canzoni, perché i cantanti erano  tre nella prima edizione del 1951 e ognuno di loro cantava più canzoni, poi negli anni successivi cominciarono ad esserci più interpreti e la gara cominciò a spostarsi dalle canzoni ai cantanti.
Negli anni '60 cominciarono a prevalere le canzoni straniere sulle italiane e i Beattles cominciarono a riempire con la loro presenza le nostre radio. Iniziarono a formarsi i "gruppi" come le Orme, la Premiata Forneria Marconi, i New Trolls, I Rolling Stones e i ragazzi della mia età spesso si riunivano per formare complessi con chitarra, basso e batteria.
Io alternavo Brahms a Gershwin con Morandi e Rita Pavone insomma spaziavo tra le note con orizzonti a largo respiro.
Non mi posso definire una fan sfegatata per qualche cantante o gruppo e quando alla fine degli anni '60 ho iniziato l'università, tempo per ascoltare musica ne ho avuto poco, come poco ne ho avuto dopo il 1973 quando iniziai a lavorare e a mettere su famiglia e mi rendo conto ora a decenni di distanza che mi sono persa molte belle canzoni degli anni 80, 90. Ora anche avendone la possibilità e il tempo non seguo più il Festival di Sanremo, mi ha stancato, lo trovo troppo lungo e troppo "gossipparo" e molto poco "musicale", ma si sa, ora non ho neppure più vent'anni.

giovedì 1 agosto 2013

una contro otto.....

Correva l'anno.......beh, detta così sembra l'inizio di una favola e invece oggi vi voglio raccontare quello che per noi studenti di geologia era un percorso obbligatorio: la campagna geologica che si doveva fare dopo il secondo anno di frequenza. All'epoca, primissimi anni '70 - ovvio che parlo del secolo scorso - frequentavo il secondo anno di Geologia all'Università Statale di Milano e mi ero appassionata al corso di sedimentologia del quale, con l'aiuto del prof. (raccogliendo tutti i suoi appunti) avevo fatto anche le dispense scrivendo personalmente a macchina tutte le 178 pagine di rotaprint con relativi diagrammi e disegni esplicativi. Avendo deciso di fare la mia tesi col Professore di Sedimentologia (del quale non dirò il nome per carità cristiana) gli chiesi di poter fare la campagna geologica con lui. Credevo di essere bene accolta (anche perchè ero l'unica studentessa di sesso femminile del mio corso) e invece in professore cominciò a dire...."ma signorina Boin guardi che la campagna geologica verrà fatta in montagna al rifugio Calvi in Alta Val Brembana e sarà molto pesante perchè ci sarà da arrampicarsi e camminare molto....." e io...." non si preoccupi professore, anche se sono piccola e magra sono resistente"....e lui..." ma guardi che dovrà portarsi da sola lo zaino con tutti i campioni..." e io....." non si preoccupi, sono robusta".....insomma alla fine non sapendo più che scuse trovare per non annoverarmi nel suo gruppo saltò su a dire: " ma al Rifugio Calvi non ci sono camere singole dovrà dormire nello stesso stanzone dei suoi compagni maschi!". Lo guardai seria seria e gli chiesi: "quanti?" e il prof: " saremo otto uomini.." e io: " beh, prima che vi mettiate d'accordo su chi mi salterà addosso per primo, sarà passata la settimana di campagna geologica! Allora, quando si parte?".