a me gli occhi

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Miw - la gatta

sabato 31 dicembre 2016

31 dicembre...tempo di bilanci

Come tutti gli anni arriva il momento di fare i conti: l'ultimo giorno dell'anno è il giorno dei bilanci e come ogni anno si definisce l'anno che sta per esaurirsi un anno "horribilis" mentre ci si augura che l'anno che sta per arrivare sia un anno portatore di ogni bene e felicità.
Certo in questo 2016 ci sono stati molti addii da dover dire, a persone care e a personaggi noti dell'arte, della cultura, della politica.
Ci sono state tragedie da affrontare come il terremoto che ha devastato interi paesi nel centro Italia, o le guerre che non finiscono mai, gli attentati che hanno provocato lutti e rabbia,  gli incidenti ferroviari, automobilistici, di lavoro che forse con una prevenzione più attenta si sarebbero potuti evitare.
Ci sono stati anche momenti di grande gioia portati dalle nascite di piccoli esseri che si sono affacciati alla vita e che si augurano che noi adulti saremo in grado di aiutarli a crescere nel migliore dei modi.
Ogni anno porta dolori e momenti di felicità, anche se spesso i dolori sono semplicemente il risultato dell'egoismo, del menefreghismo e della cattiveria di noi cosiddetti esseri umani.
Inutile chiedere al nuovo anno di portare gioia, amore, serenità se siamo noi per primi a non voler dare quella gioia, quell'amore e quella serenità a chi ci sta vicino.
Facciamoci un serio esame di coscienza e mettiamo al bando l'egoismo, la presunzione, la cattiveria gratuita, ecco forse così potrà arrivare un anno migliore.
A voi tutti che con tanta pazienza continuate a leggere ciò che scrivo, il mio BUON 2017!

sabato 24 dicembre 2016

24 dicembre...la cullurellata



Ormai sono diversi anni che puntualmente la vigilia di Natale all'ora di pranzo a casa mia si rispetta la tradizione calabrese della cullurellata. Tradizione che, io veneta, ho importato dalla terra calabra di mio marito e ho traslocato in Romagna. Già da alcuni anni, dicevo, in questo giorno gli amici dei figli e qualche sparuto amico dei genitori si radunano intorno alla tavola della mia cucina dove vengono posizionate scodelline contenenti piccole mozzarelle, cubetti di provola, rosette di prosciutto crudo, mortadella e prosciutto cotto, soppressata, salsiccia e chi più ne ha ne metta...insomma oggi lo chiamerebbero finger-food perchè ognuno si serve con le sue manine di questi bocconi e se li mangia coi cullurielli che io friggo al momento. La preparazione dei Cullurielli inizia la sera prima quando si mette a lievitare la pasta per una notte, per poi proseguire la mattina dopo con il rimpasto della pasta lievitata ridotta poi a delle palline che verranno fatte lievitare ancora sotto una tovaglia bianca in mezzo al tavolo. Olio bollente e le palline diventano ciambelline da friggere e mangiare calde calde.
Questo tutti gli anni da qualche anno a questa parte. Proprio oggi mentre friggevo con un occhio alla padella e l'altro alla figlia di uno degli invitati mi sono resa conto di quanti anni sono passati dalla prima volta. Allora figli e amici dei figli erano tutti studenti oggi molti di loro sono diventati genitori e vengono con i loro figli, malattie dell'ultimo momento permettendo a casa mia, perchè la tradizione che abbiamo inaugurato non possa interrompersi. Chissà se mia nipote crescendo vorrà anche lei cominciare a invitare le sue amiche e amici di scuola così che la tradizione possa continuare. Spero di sì, anche se il peso degli anni comincia a farsi sentire, finchè mi sarà concesso farò cullurielli la vigilia di Natale.

P.S. Buon Natale a tutti!

lunedì 19 dicembre 2016

LA PREVENZIONE

E' di oggi la notizia che un operaio mentre al tornio lavorava ad una sbarra di metallo è stato ucciso da una scheggia che entrata dall'occhio gli ha trapassato il cervello e che molto probabilmente non indossava occhiali protettivi E' di ieri la notizia di due coniugi che sono morti bruciati per l'incendio che si è sviluppato per un corto circuito degli addobbi dell'albero di natale, che avevano lasciato acceso durante la notte. Quante morti che si potevano evitare, come quelle di quegli operai che dovevano pulire una cisterna che conteneva materiali tossici e che non indossavano le maschere protettive. O come quei muratori che senza le imbragature di legge lavoravano su ponteggi dai quali sono caduti.
A me dispiace quando un essere umano muore, ma spesso penso che quella morte se la potevano evitare se solo avessero avuto l'accortezza di indossare le attrezzature obbligatorie di antinfortunistica. Gli incidenti domestici poi molto spesso sono dovuti alla mancata verifica e pulizia delle caldaie o degli impianti elettrici vecchi e non sicuri, oppure a bombole di gas (ancora se ne usano) che hanno valvole di sicurezza difettose.
Non parliamo poi di quei disastri che vengono definiti naturali, ma che naturali non sono come la canalizzazione di torrenti e fiumi, la scellerata costruzione di edifici che restringono gli alvei o la costruzione di edifici fatta al "risparmio" di cemento o armatura.
Anche la nostra salute richiede prevenzione, soprattutto quando si parla di bambini. Negli ultimi tempi è diventato di moda non vaccinare i propri figli e così facendo li si mette a rischio di contagio di malattie che possono portare all'invalidità o peggio alla morte.
Prevenzione, che strana parola.
Sembra che a noi Italiani il detto "prevenire è meglio che curare" non interessi, anzi sembra che sia inutile, meglio fare finta di nulla, per comodità, per menefreghismo, per ignoranza, per calcolo o per guadagno personale quando si tratta di costruzioni. Noi siamo bravissimi ad affidarci alla fortuna..."ma sì tanto che vuoi che succeda? a me di sicuro non capita....ma chi se ne frega di mettere il casco, mi sciupo la pettinatura....perché mai dovrei mettere la cintura di sicurezza, mi tira sulla spalla e mi da fastidio....ho bevuto troppo? ma no...guido io e schiaccio a fondo l'acceleratore così arrivo prima a casa...
E poi ...si piange, ci si dispera per la morte di qualcuno e si dicono sempre le solite frasi...era così giovane...una brava persona...poveretti non se lo meritavano...per arrivare a dare la colpa di tutto ciò al governo che non fa nulla, a Dio che guardava dall'altra parte.
E no, miei cari. I responsabili siamo noi, noi che non costringiamo l'operaio ad indossare gli occhiali protettivi, le scarpe adatte, il casco o l'imbragatura di sicurezza. Noi che per non spendere non facciamo fare la revisione annuale della caldaia o che non ci curiamo della salute del nostro impianto elettrico o che su una sola presa elettrica mettiamo cinque/sei spine perché con tante lucette l'albero è più bello o che lo lasciamo acceso anche la notte. Noi che vogliamo a tutti i costi la casa dove non la si può costruire e che per averla magari facciamo il regalo al geometra del comune per avere il permesso.
I responsabili siamo noi, ciascuno di noi.

mercoledì 26 ottobre 2016

Condividere.: l'estate di San Martino

LA LEGGENDA “DELL’ESTATE” DI SAN MARTINO.
Il santo San Martino è  celebrato come il protettore dei pellegrini, dei viandanti di un tempo, ed in alcuni casi la giornata in cui si festeggia il santo, diventa un giorno di festa per i camionisti, i viandanti di oggi. Per capire quest`antica festa che si celebra l`11 novembre bisogna ricordare la vita del santo e la famosa leggenda che si lega al suo nome. La leggenda così dice : “Un giorno d`autunno, l’11 novembre probabilmente, mentre usciva a cavallo da una delle porte della città francese di Amiens, dove viveva, vide un povero, mezzo nudo e tremante per il freddo. Martino si impietosì e sguainò la spada, tagliò il suo bel mantello di lana e ne diede la metà al povero. Immediatamente il sole si mise a scaldare come in estate. Per questo motivo, si chiama l`estate di San Martino quel periodo agli inizi di novembre in cui spesso accade che la temperatura si faccia più mite”. In effetti la tradizione vuole che, più per una logica legata a ragioni meteo climatiche, che per credenze popolari, il giorno di San Martino è quasi ogni anno una bella giornata di sole negli ultimi secoli sfruttata dalle famiglie contadine,  per traslocare le aziende a termine della stagione agricola, secondo le regole della mezzadria. Questa usanza si è consolidata, a tal punto che nel lessico dialettale di provincia, il trasloco viene detto “san martino”.

Condividere: dividere con altri ciò che abbiamo.


San Martino rappresenta l'esempio più conosciuto della condivisione.
Ogni credo religioso ha fra le sue regole il dividere con chi ha meno di te ciò di cui tu hai abbondanza. 
C'è poi la condivisione della gioia e del dolore anche se è più frequente vedere l'invidia per la gioia di chi ti sta vicino che gioisce per qualcosa e l'indifferenza e il fastidio per il dolore di chi soffre che sia vicino a te o no.
Oggi la parola condivisione ha perso un po' di quel significato, si è passati alla condivisione di un appartamento per dividere le spese, o alla condivisione della spesa fatta a km zero dal contadino, anche se questo verbo oggi, soprattutto, è diventato molto attuale nel web con la condivisione di notizie vere e non, di bufale per intenderci.
E già, basta avere un dito da usare per premere un semplice tasto del computer e si fa sapere al mondo intero ciò che pensi di questo o quell'argomento, o due dita per scrivere e condividere con gli altri i tuoi punti di vista in risposta a qualche post dove magari, sempre con quelle due dita, sfoghi tutte le tue frustrazioni con insulti o parolacce.
E' triste, è veramente triste vedere questa disumanizzazione imperante. Anche io in questo momento sto condividendo qualcosa con tutti coloro che hanno la pazienza di leggermi, condivido il mio disgusto nel vedere come è caduta in basso l'umanità.

giovedì 29 settembre 2016

PONTE SI PONTE NO






Ormai da qualche anno il problema del Ponte sullo Stretto di Messina appassiona molti, anzi più che appassionare è motivo di grandi discussioni e polemiche soprattutto politiche.
Come geologa, anche se ormai molto lontana dallo studio, ho sempre pensato che costruire un ponte sullo stretto non sia un'idea così valida, ma io non faccio testo, sinceramente non ho alle spalle studi approfonditi di ingegneria su questo argomento. Lascio a chi di dovere le decisioni, ma se qualcuno volesse approfondire la problematica della tettonica dello Stretto può andarsi a leggere questo studio  http://www.nature.com/articles/srep00970.
No, io voglio solo raccontare perchè  preferirei non avere il Ponte, forse la mia è una visione romantica, ma quando arrivo in macchina dalla Calabria e mi avvicino all'imbarco di Villa San Giovanni e comincio a vedere il mare alla mia destra con i suoi colori della Costa Viola e in lontananza intravedo il profilo della costa Siciliana, ecco mi si allarga il cuore.
Credo che questo sia lo stesso sentimento che tutti quei siciliani che, costretti ad emigrare sul continente, provino nel vedere all'orizzonte la loro terra natia.
Poi si arriva all'imbarcadero e si aspetta con ansia di poter salire sul traghetto che ci porterà dall'altra parte.
Il traghetto: ecco un'altra cosa alla quale non vorrei mai dover rinunciare.
La prima cosa che faccio, dopo che la macchina è parcheggiata al suo posto, è salire sul ponte superiore dove mi piace sentire il vento sulla faccia mentre guardo la costa siciliana che mi viene lentamente incontro.
Scruto il mare nella speranza di vedere qualche delfino che danza tra le onde, osservo le barche a vela che scivolano sull'acqua eleganti e quando è stagione guardo le barche dei pescatori che cercano la preda.
L'odore del mare, il sapore dell'arancino che si può gustare a bordo, la silhouette dell'Etna che si staglia contro il cielo,
sono i biglietti da visita e il benvenuto in terra di Sicilia.
Ecco perchè non voglio il ponte, mi ruberebbero tutte queste belle sensazioni che mi fanno assaporare ogni volta il gusto di tornare in questa meravigliosa terra.

sabato 10 settembre 2016

GLI AQUILONI



Quando ero bambina, parlo dei primi anni '50 del secolo scorso, uno dei giochi che più piacevano a noi ragazzini, quando arrivava l'estate, era costruire gli aquiloni.
Faticosamente si ragranellavano quelle 20/30 lire necessarie per l'acquisto in cartoleria del foglio di carta velina colorato e delle due bacchette di legno di balsa necessarie, poi la colla la si faceva mescolando acqua e farina e, una volta ottenuto tutto il necessario, si procedeva alla costruzione. Piegatura del foglio per dargli la forma di rombo irregolare con due lati corti e due più lunghi, fissaggio delle bacchette con striscioline di carta velina incollate con la colla fatta in casa e poi, con pazienza certosina, costruzione delle code fatte con tanti anelli di striscioline di carta messi a catena e applicati agli spigoli laterali e a quello di coda. Per ultimo lo spago ben fissato sotto e arrotolato su un pezzetto di legno, pronto a dipanarsi quando l'aquilone avrebbe preso il vento.
Era una gara fra noi bambini fare gli aquiloni più belli, con la coda più lunga e colorata.
Arrivava poi il momento del collaudo. Pronti col nostro aquilone in una mano tesa sopra la testa e lo spago fatto a matassa nell'altra salivamo in cima alla strada di casa nostra che era in salita e da lì correndo a perdifiato lungo la discesa lanciavamo il nostro aquilone.
Che soddisfazione quando prendeva il vento e si innalzava nel cielo. Che soddisfazione vederlo volare e che dispiacere se improvvisamente perdeva quota e piombava giù come un missile sfasciandosi su un albero o per terra. Allora eravamo pronti a rabberciarlo in qualche modo per farlo ripartire ancora.
Erano giochi semplici che ci costruivamo da soli e che ci facevano passare interi pomeriggi impegnati con le dita incollate dalla farina e dall'acqua.
Oggi si fanno addirittura gare per aquiloni e se ne vedono di bellissimi lassù nel cielo, con le forme più strane e con i colori vivaci di disegni bellissimi, Chi li fa volare però non sono bambini ma adulti e io penso sempre, quando li vedo, che tutto sommato sotto quelle barbe e spesso sotto quei capelli bianchi si nascondono dei fanciulli meravigliati di riuscire a governare i loro aquiloni nel vento.

giovedì 25 agosto 2016

e la terra trema ancora.






24 agosto ore 3,32 del mattino una forte scossa di Magnitudo 6.0 della scala Richter fa tremare ancora una volta il cuore dell'Italia. Amatrice e paesini dei dintorni praticamente non esistono più. Mentre sto scrivendo il numero dei morti è già oltre i 250 ma ci sono ancora molti dispersi sotto le macerie. Il terrore, il dolore, l'angoscia attanaglia chi ha vissuto in prima persona questo nefando evento, terrore, angoscia e dolore che chi ha un cuore condivide anche solo seguendo le notizie che si accavallano incalzanti.
Come sempre la generosità degli Italiani si è destata dal torpore e aiuti stanno arrivando nelle zone colpite da più parti, ma quello che a me e a molti come me fa male è leggere certi commenti razzisti sui social, commenti che vogliono ancora una volta scatenare la "guerra dei poveri disgraziati" quelli che arrivano dal mare e quelli che hanno perso tutto nei crolli dovuti al terremoto.
Non parliamo poi di quelli che mettono in rete notizie false o manipolate per scopi politici o per mero guadagno personale, ogni click, ogni condivisione qualche centesimo guadagnato.
Ma che società è la nostra? Dove è finita la pietas di cui parlavano i nostri antenati?
Davanti a tutta quella desolazione e dolore come si fa a essere "sciacalli"? e non parlo di quelli che vanno materialmente a scassinare le case inagibili restate vuote, ma di chi fa sciacallaggio virtuale pubblicando delle grandi scemenze come se fossero delle grandi verità.
Il mondo virtuale del web può essere molto utile nel dare informazioni in tempo reale, nell'unire le persone per organizzare aiuti e quant'altro, può essere di vero aiuto se usato con cuore e cervello, ma ultimamente questo stesso mondo virtuale sta prendendo una brutta strada e la disinformazione rischia di diventare più virale della peste.
Ho il cuore stretto.

lunedì 22 agosto 2016

Giardini-Naxos





Parlo sempre di Sicilia, un po' perché da undici anni ho un piccolo appartamento qui a Giardini Naxos, un po' perché della Sicilia sono innamorata e mi sento "sicula dentro" malgrado i miei natali "polentoni".
Fin dai miei primi viaggi su questo territorio ho cercato notizie che mi raccontassero la storia di questa cittadina e ho cercato di documentarmi sulle sue origini che si perdono nella notte dei tempi.
Era il 734 a.C. quando una piccola flotta di navi di coloni proveniente da Calcide  nella regione di Eubea (Grecia) approdò in quella che oggi chiamiamo Baia di Naxos. Qui fondarono quella che per molti anni venne considerata la prima colonia greca di Sicilia e la chiamarono Naxos come l'omonima isola Greca. La posizione per la loro colonia era ottima in quanto avevano il mare davanti per le loro navi e il fiume che loro chiamarono Akessines e che in seguito dagli arabi venne chiamato  " al - Qantarah, il Ponte", che offriva l'acqua dolce di cui necessitavano e una sicura via di fuga oltre quello che oggi si chiama Capo Schisò. Pur rimanendo una piccola comunità, mantenne una grande importanza per il suo tempio dedicato ad Apollo Archegetes e fu in porto di partenza di tutti gli ambasciatori greci delle altre città della Sicilia che dovevano tornare nella Madre Patria.
Durante la guerra del Peloponneso, la colonia di Naxos si schierò con Atene e per questo subì la vendetta di Siracusa che dopo averla assediata la rase al suolo nel 403 a.C.
I suoi cittadini vennero venduti come schiavi e il suo territorio venne donato al popolo dei Siculi, ma malgrado ciò il nome di Naxos non venne mai dimenticato e nel III secolo d.C. Naxos era uno dei punti più importanti di ristoro e cambio cavalli  dell'Itinerarium Antonini  da Messina a Siracusa.
Arriviamo al periodo Bizantino e Naxos rimane sempre porto strategico per arrivare a Taormina. Nascono sulla costa diversi villaggi e con la dominazione araba viene introdotta la coltivazione degli agrumi. Da notare che gli arabi chiamavano giardino il luogo dove venivano coltivati gli aranci e i limoni e questa parola è rimasta anche nell'uso odierno e indica le località dove vengono coltivati gli agrumi. Della dominazione araba oltre agli agrumi sono rimasti anche molti toponimi come Schisò (Al Qusus = torace busto) o come il nome del fiume Alcantara di cui ho già scritto.
Passano gli anni e alla metà del 400 arriva la coltivazione della canna da zucchero, che comporta l'onere di dover proteggere questo "tesoro" da mani ladresche per cui si creano strutture militari ampliando il vecchio castello, costruendo un basso e tozzo torrione quadrangolare sulla punta di Capo Schisò e la Torre Vignazza in Contrada Recanati.
Al 1719 risale la prima parrocchia ( Maria  Santissima della Raccomandata) mentre al 1° gennaio 1847 risale la sua autonomia amministrativa da Taormina, diventando un Comune a se stante.
Anche Garibaldi ha lasciato qui un suo ricordo: il 18 agosto 1860 dopo aver completato la spedizione in Sicilia da questo porto di Naxos si imbarcava con i suoi Mille per arrivare in Calabria.

Questa in breve la storia di Giardini Naxos, ma per chi volesse saperne di più venga qui e vada nel piccolo ma ricco museo che sta all'interno della zona Archeologica, e poi si potrà concedere un meritato e dolce riposo sulla spiaggia guardando quel mare che così tanto tempo fa vide arrivare quei "migranti calcidesi" che diedero vita alla città di Naxos.

domenica 3 luglio 2016

le guerre dei vigliacchi





E' di poche ore fa la notizia che a Dacca in Bangladesh 9 italiani sono stati barbaramente uccisi in un ristorante al grido di Allah è Grande. E' di pochi minuti fa la notizia che a Bagdad una auto bomba ha ucciso più di 80 persone per la strada. Queste sono le guerre di oggi, le guerre che fanno i terroristi nascondendosi dietro un pensiero religioso che di religioso non ha nulla perché gli stessi musulmani aborriscono queste interpretazioni estremistiche della loro religione.
Queste sono le "guerre" che io definisco dei vigliacchi, perché non c'è onore a combattere contro qualcuno che neppure sa di essere in guerra, contro qualcuno che come armi impugnava un coltello e una forchetta o che stava trascinando una valigia all'aeroporto. Guerre di vigliacchi come quelle di qualche decennio fa "combattute" dalle Brigate Rosse che seguendo un loro pensiero politico hanno fatto saltare treni, banche, piazze seminando centinaia di morti ogni volta tra persone innocenti che volevano solo fare un viaggio, fare un'operazione bancaria, o manifestare contro il terrorismo.
E' la stessa vigliaccheria che anima quei gruppi di ragazzi che stuprano una minorenne, è la vigliaccheria che porta qualcuno a fare una strage in un locale notturno frequentato da gay. Non c'è differenza.
La storia è piena di guerre vigliacche e finché ci saranno coloro che per avidità e guadagno continuano a vendere armi a chiccessia, questo tipo di guerre continueranno ad esistere.

domenica 26 giugno 2016

IL Palio del Niballo

« Udite, Madonne e Cavalieri de' turriti castelli della Val d'Amone, delle piane ubertose di Romagna, genti terriere et genti forastiere.
Accorrete alla tenzone ch'ogn'anno si corre nella quarta domenica di giugno. Dalla Porta del Ponte et Montanara, dalla Porta Imolese et Ravegnana e da Durbecco, dame e cavalieri, armigieri e balestri muoveranno, alte portando le insegne dei Rioni, per disputar sul campo della giostra l'ambìto Palio, ch'a vincitor compete. E voi, Madonne, festeggiate i cavalieri ch'a all'incontro giostreran da prodi non meno di colui che lauro conquisterà nella contesa. Alti volteggieran nel vento, d'abilissimi alfieri, gli stendardi et scalpitar di destrieri e balenar d'acciari, rinverdiranno i fasti della città manfreda. »
(Il Banditore chiama i Rioni "a singolar tenzone")


Odo in lontananza il rullo dei tamburi che dalla sede del Rione Giallo, dove abito, si stanno avvicinando alla Piazza. Fa molto caldo e penso con simpatia a tutti i figuranti dei vari Rioni che indossando costumi medioevali in velluto e armature di metallo dovranno sfilare fino allo stadio dove si terrà il Palio.
In Italia molte città di origine medioevale hanno il loro Palio, forse il più conosciuto è quello di Siena, ma garantisco che il Palio di Faenza non ha nulla da invidiare alle altre manifestazioni simili.
Le origini di questa giostra medioevale si perdono nel lontano 1410:

....« Hebbe per antichissima consuetudine questo nobile pubblico di proporre ogni anno un premio per invitar la gioventù ad esser assai presta nelli attrezzi cavagliereschi [...]. Al qual effetto si faceva piantar sulla piazza il saracino ovvero ANIBALLO et correre longa un carrera di cavalli. »

anche se poi perse di interesse per poi finire del tutto, fino all'era moderna quando nel 1959 fu recuperata.
Al Palio partecipano i quattro rioni storici Rosso,(Porta Imolese), Giallo (Porta Ponte) Verde (Porta Montanara) Nero (porta Ravegnana) in cui era divisa anticamente la città entro le mura e il Rione Durbecco (già Bianco) che raccoglie tutti i faentini che vivono al di là del fiume Lamone.
Durante il mese di giugno ogni rione organizza varie manifestazioni, spettacoli e banchetti, nella sua sede. Gli sbandieratori, i tamburini e le Chiarine si impegnano tutto l'anno nelle estenuanti prove per vincere le gare delle bandiere perché è un vanto per il rione che vince avere i migliori sbandieratori o i migliori tamburini o chiarine. Spesso questi artisti delle bandiere partecipano a gare internazionali e ultimamente hanno portato a Faenza premi prestigiosi.
Fra poco partirà il corteo che percorrerà tutto il corso Mazzini per raggiungere lo Stadio dove i cavalieri dovranno sfidarsi a coppie nel colpire il piccolo bersaglio largo solo 8 centimetri che è posto alla fine del braccio aperto del Niballo, caratteristico pupazzo che rappresenta il Saraceno. Ogni cavaliere dovrà giostrare con gli altri quattro e chi vince si porterà nelle sue file lo scudo del perdente, Chi vincerà più scudi vincerà il Palio.
Mi piacerebbe molto che questa manifestazione potesse varcare i ristretti confini della città e che venisse conosciuta e apprezzata anche da chi non vive qui perché fare un tuffo nel passato è sempre e comunque interessante e anche divertente.
Che vinca il migliore.





giovedì 9 giugno 2016

BASTA!

Basta! Non se ne può più! Non si fa a tempo ad accendere la televisione che subito ti senti sopraffare da notizie tragiche. Persone che annegano a centinaia nella speranza di una nuova vita, persone che vengono sfruttate come schiavi nelle nostre campagne. Uomini che ammazzano le loro donne e anche i loro figli perchè vengono lasciati dalla compagna. Gente che cerca ogni giorno di truffare altri o il datore di lavoro fingendo di essere sul posto di lavoro mentre invece va a fare altre cose. Politici che invece di gestire la cosa pubblica a favore della comunità, se ne approfittano per arricchire le loro tasche. BASTA! NON SE NE PUO' PIU'! Ma dove sta andando questa società? Guerre, conflitti, morti.....
Siamo ormai nel terzo millennio, la tecnologia e le scoperte scientifiche avrebbero dovuto far vivere tutti meglio e invece.....
Anche i social sono ormai diventati un veicolo per insultarsi, mettere in rete un sacco di false notizie che i più condividono con grande leggerezza aumentando il disagio, creando inutili paure fondate sul nulla....e così si crea una excalation di paure, di incertezze, di rabbia repressa che all'improvviso scoppia come una bomba nel modo più inaspettato.
Dove sono finiti il rispetto, l'onestà, la comprensione, l'onore?
Che mondo triste stiamo lasciando ai nostri figli e ai nostri nipoti.

domenica 14 febbraio 2016

San Valentino

Dice Wikipedia:
"Nato a Interamna (oggi Terni) in una famiglia patrizia, fu convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni.
Nell'anno 270 Valentino si trovava a Roma, giunto su invito dell'oratore greco e latino Cratone, per predicare il Vangelo e convertire i pagani.
Invitato dall'imperatore Claudio II il Gotico a sospendere la celebrazione religiosa e ad abiurare la propria fede, rifiutò di farlo, tentando anzi di convertire l'imperatore al cristianesimo. Claudio II lo graziò dall'esecuzione capitale affidandolo a una nobile famiglia.
Valentino venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano, succeduto a Claudio II. L'impero proseguiva nelle sue persecuzioni contro i cristiani e, poiché la popolarità di Valentino stava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città lungo la via Flaminia per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in sua difesa. Fu decapitato il 14 febbraio 273, a 97 anni, per mano del soldato romano Furius Placidus, agli ordini dell'imperatore Aureliano. Secondo alcune fonti Valentino sarebbe stato giustiziato perché aveva celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano Sabino, che invece era pagano: la cerimonia avvenne in fretta, perché la giovane era malata; e i due sposi morirono, insieme, proprio mentre Valentino li benediceva. A chiudere il cerchio della tragedia sarebbe poi intervenuto il martirio del celebrante."

Questa la storia di San Valentino, anche se non si è proprio sicuri perché pare che di Santi con questo nome ce ne sia più di uno, comunque la tradizione vuole che diventasse protettore degli innamorati nel 496 d.C. quando il papa Gelasio I volendo mettere fine all'antico rito pagano dei Lupercalia che si celebrava il 15 di febbraio, stabilì che il giorno prima si dedicasse a San Valentino una giornata come festa dell'amore facendo diventare il santo il protettore degli innamorati. La letteratura religiosa (non storica) descrive il santo come il protettore degli epilettici e degli innamorati infelici. 
In realtà il merito di aver consacrato San Valentino come protettore degli innamorati va a Geoffrey Chaucer  che alla fine del '300 scrisse un poema di 700 versi in onore delle nozze tra Riccardo II e Anna di Boemia nel quale associa Cupido a San Valentino, traghettando il santo alla dimensione di quello che fu definito da allora " l'amor cortese". Dall'Inghilterra la festività emigrò negli Stati Uniti insieme a coloro che colà si trasferirono diventando una festa che ancora oggi è molto sentita dagli americani. Anche in Europa questo giorno viene dedicato agli innamorati come giorno dedicato a loro anche se negli anni si è perso forse il vero significato sommersi dalla commercializzazione della cosa. 
Certo fa piacere ricevere un fiore o una scatola di cioccolatini o un cuoricino che ti dica quanto la persona che te lo regala ti voglia bene, ma penso che l'amore verso una persona vada festeggiato tutti i giorni con il rispetto verso quella persona e volendo allargare i confini della festa, ricordarsi di voler bene a tutti coloro che ti vivono a fianco siano essi famigliari o i vicini di casa.
Amore verso il prossimo, rispetto dell'altro, considerazione dei sentimenti altrui, forse è questo ciò che avrebbe voluto vedere San Valentino aldilà di una scatola di cioccolatini o un bouquet di rose. 


giovedì 21 gennaio 2016

Il mondo è....piccolo

Quante volte incontrando qualcuno che non si vede da un po' di tempo, magari in un posto lontano da casa propria si esclama: "ma come è piccolo il mondo"!
Si il mondo certe volte è proprio piccolo. Certo le probabilità di incontrare persone della propria cerchia in località di villeggiatura, magari, non sono molte, ma comunque non sono rare, ma incontrare persone che non conosci ma che hanno legami con persone che hai frequentato in anni passati,dall'altra parte del mondo è veramente un caso più unico che raro.
E a me è successo più di una volta.
Ricordo quella sera in Messico nel villaggio vacanze Playa Maroma, dove io e mia figlia stavamo trascorrendo una vacanza, come fosse ieri. Quella sera era stata organizzata una serata speciale con cena vicino alla spiaggia. C'erano tanti tavoloni e parecchie persone intorno ad essi che noi non conoscevamo. Chiacchierando del più e del meno con i vicini di tavolata, alla classica domanda.."e voi di dove siete?" alla risposta "di Savona" mi sono lasciata sfuggire una esclamazione.."la città dei miei compagni di università! Magari li conoscete! " e giù la lista dei nomi....beh uno di quei compagni era il cugino del padre di uno dei ragazzi che stavano a quel tavolo!
Oppure durante un altro viaggio in Argentina, scontrarsi (letteralmente) per strada con un conoscente di lavoro di mio marito che nei sei mesi precedenti si era reso irreperibile a mio marito perché non voleva restituire un piccolo favore a colui che in passato gli aveva tolto tanti problemi di lavoro.
O ancora quando durante le vacanze che eravamo soliti fare al mare in Calabria nel nostro solito campeggio abbiamo incontrato dei signori siciliani che avevamo incontrato in Danimarca.
Nello stesso campeggio ho poi incontrato una signora friulana che guarda caso era un'amica di colei che era stata la mia unica amica di Codroipo quando avevo vissuto là per quattro anni.
Ancora in Argentina a Buenos Aires mentre gironzolavamo per la Boca (quartiere caratteristico di B.A.) incontriamo un gruppo di Italiani che ci fermano per avere delle informazioni. Una chiacchiera tira l'altra e appena vengono a sapere che vivevamo a Faenza il signore esclama: la città del mio migliore amico di quando ho fatto il militare.....beh non ci crederete ma quel migliore amico era il padre di un amico di mio figlio e marito della sarta dove mi servivo.
Coincidenze? Destino? Non lo so, so soltanto che questi incontri ti fanno proprio dire: "...ma come è piccolo il mondo!".


sabato 2 gennaio 2016

Un capodanno da ricordare

Era il 1975.
In quegli anni avevamo barattato la nostra tenda a capannina (due stanze e soggiorno) con una roulotte Roller Esmeralda I di nostri amici e l'avevamo portata a Schilpario, località sciistica sopra Bergamo. Avevo preparato, prima di partire da Milano dove all'epoca vivevamo, le lenticchie in umido e preso uno zampone. Mio marito (allora eravamo ancora fidanzati) lavorando per un importatore di vini e liquori, si era procurato un Magnum di champagne. Avevamo riempito la nostra macchina con tutto ciò che serviva per farci un cenone di capodanno ed eravamo partiti per la nostra vacanza montanara.
Arrivati al campeggio, dopo aver riaperto la nostra roulotte e averla riscaldata, ci siamo preparati uno Champagne Rosè (aperitivo con lo champagne e il succo d'arancia) nell'attesa di scaldare zampone e lenticchie. Un bicchiere dopo l'altro ci siamo scolati l'intero Magnum e .......ci siamo addormentati sulla dinette, ubriachi.
La mattina dopo, smaltita la sbornia, abbiamo aperto gli occhi al nuovo anno e grande fu la nostra sorpresa, quando aperti gli oscuranti, ci siamo trovati a guardarci negli occhi con due asini che ci guardavano incuriositi......beh. se questo non è un capodanno da ricordare non so che sia!