a me gli occhi

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Miw - la gatta

mercoledì 11 marzo 2015

io e la ....genealogia



Quando poco più di 10 anni fa sono entrata a far parte anche io del web, la prima curiosità che mi sono voluta togliere è stata di cercare di capire quante persone col mio stesso cognome avrei potuto "incontrare" virtualmente.
 Attraverso Skype e l'esame degli elenchi telefonici, non solo italiani, ho scoperto che i Boin erano molti di più all'estero che non in Italia. Ecco una prima tabella che avevo approntato all'epoca:

BOIN NEL MONDO/BOIN DIFFUSION IN THE WORLD

Europa
Italia                          141
Francia                      617
Olanda                      166
Germania                  113
Svizzera                    111

Belgio                       3 piscine intitolate a V. Boin
Australia                   21
Nuova Zelanda         1
Canada                      17
Usa                           300

Argentina                  16


 La mia domanda quindi si era spostata sull'origine di questo cognome: era di origine Italiana o per esempio Francese? Erano dei Boin italiani che erano emigrati in Francia e da lì in altri paesi o erano dei Boin francesi che erano emigrati in Italia? Sapevo che, per ricerche araldiche fatte fare da mio zio, la famiglia Boin aveva le sue radici nella Repubblica di Venezia e che si erano trovate tracce di questo cognome fin dal 1374, mentre tutte le ricerche che sono riuscita a fare tramite siti di genealogia, mi davano notizie sicure dei Boin Francesi che arrivavano solo fino al 1600.
Questa domanda a tutt'oggi è rimasta senza risposta, anche perché, volendo creare il mio albero genealogico, mi sono scontrata con la mancanza di documenti relativi ai miei nonni paterni, documenti che sono andati perduti dall'ufficio anagrafe del comune di Bassano del Grappa a causa di un incendio e dal fatto che non vivendo vicina alle località che li videro nascere, non ho la possibilità di andare a scartabellare i vecchi registri parrocchiali.
Mi sono consolata così cercando di creare l'albero genealogico della famiglia di mio marito. In questo caso ho avuto più fortuna perchè erano ancora vive due vecchie zie che detenevano vivi i ricordi dei loro antenati, addirittura con date di nascita e morte. Facendo ricerche sul nonno di mio marito che era stato per lavoro negli Stati Uniti più di una volta mi sono imbattuta nei nomi di suoi fratelli sulle liste passeggeri di Ellis Island e ho così scoperto che uno di loro si era fatta una famiglia a New York, anche se seguire le sue tracce non è stato facile perchè anche in quel caso chi scriveva i documenti relativi ai censimenti spesso modificava i nomi e i cognomi rendendo davvero difficile la ricerca.
Per mia fortuna sempre attraverso Facebook ho conosciuto un ragazzo di origini italo argentine che stava costruendo l'albero genealogico del ramo della famiglia di mio marito originaria di Montalto Uffugo. Grazie al suo lavoro certosino è riuscito a costruire un albero genealogico con ben 1960 nomi in diversi rami che coprivano l'emigrazione sia in America del sud che negli Stati Uniti e facendo conoscere tra loro queste persone che erano legate da quel sottile ma indistruttibile filo del DNA che li legava malgrado il tempo e lo spazio. Grazie a lui, in un nostro viaggio a Buenos Aires abbiamo conosciuto un suo zio che è cugino in quinto o sesto grado di mio marito, visto che i loro rispettivi trisnonni erano fratelli.
La curiosità per la genealogia mi ha spinto a offrirmi come volontaria per un lavoro di raccolta dati per un Data Base di una università americana che voleva mettere in una banca digitale tutti i dati che venivano raccolti con microfilm nelle varie questure dei maggiori porti italiani, da dove partivano la maggioranza degli emigranti. Spesso ho trovato insieme alle domande di passaporto anche lettere scritte in un incerto italiano da madri che chiedevano al console italiano di qualche città del Sud America notizie di figli emigrati colà e dei quali da mesi non avevano notizie. Da questi documenti non estraevo solo nomi cognomi e date di nascita, ma riuscivo a immaginare le loro storie, storie di povertà, di speranza in un domani migliore. Ho avuto modo di conoscere diversi nipoti e pronipoti di emigranti italiani che grazie a internet sono riusciti a mettersi in contatto con lontani parenti dei rami italiani delle loro famiglie e nel mio piccolo li ho aiutati nel fornire anche traduzioni di mail dall'italiano all'inglese e viceversa. Per me è stato molto gratificante sapere che ci sono persone, nate e cresciute in altri paesi, che si sentono ancora profondamente italiani e che desiderano conoscere meglio il Paese di origine dei loro antenati.

martedì 3 marzo 2015

Viaggiare in treno.....che emozione!

Sono nata subito dopo la guerra e i mezzi di trasporto non erano molti. Chi si doveva spostare da una città all'altra difficilmente possedeva un'automobile,  doveva prendere il treno Treni scomodi con sedili di legno (la famosa terza classe dove si pagava di meno), oppure con dei sedili "imbottiti" che erano più duri di quelli di legno.
Nei primi anni '50 il viaggio che con mia madre facevo almeno due volte l'anno era Milano - Verona, per poter andare a trovare la famiglia di mia madre, nonni e zii che colà vivevano. Per me prendere il treno rappresentava sempre un'avventura, ero sempre elettrizzata al pensiero di salire quei gradini alti che dal marciapiede mi avrebbero permesso di arrivare allo scompartimento, di cercare il posto e farci aiutare da qualche forzuto a posare la nostra valigetta sopra la rete posta in alto sopra i sedili. Il viaggio durava delle ore, tre o quattro, anche se noi prendevamo il diretto che fermava solo in pochissime stazioni. Poi si arrivava alla stazione di Verona dove trovavamo zio Piero (fratello di mia madre) ad attenderci. Intorno ai primi anni '60 feci lo stesso tragitto da sola per la prima volta. Accompagnata in stazione Centrale a Milano dal mio papà e prelevata alla stazione di Porta Nuova a Verona dallo zio, avevo assaporato quel mio primo viaggio da "persona adulta" minuto per minuto, tra la paura dell'ignoto e la curiosità di mettermi alla prova.
Sempre negli stessi anni veniva inaugurato un treno veramente "fantascientifico" per l'epoca: il SETTEBELLO. Era un treno per VIP, con scompartimenti che sembravano salottini, il vagone ristorante, quello dove poter prendere al bar qualcosa durante il viaggio e ogni comfort immaginabile. Io non ci sono mai salita, ma lo conoscevo benissimo in ogni dettaglio, perché il padre di un mio compagno di gioco che si dilettava in lavori di bricolage lo aveva riprodotto fedelmente in legno ed era funzionante sul suo tracciato con rotaie, stazioni immerse nelle colline con gallerie e pianure.
Oggi i treni sono talmente veloci che quasi quasi non fai in tempo a salirci che sei arrivato e non parlo di viaggi brevi, ma di viaggi dove per attraversare l'Italia ci vogliono poche ore. Certo questi sono treni di un certo "livello" perché se il discorso passa ai treni destinati ai pendolari allora il discorso è completamente diverso. Anzi sembra che ogni anno riescano solo a far aumentare le tariffe, mentre diminuiscono considerevolmente le carrozze adibite a questo servizio. Si costringe in un certo senso la gente a usare la macchina, spendendo di più sia in costi che tempi e inquinando di più l'aria.


Ormai il treno lo prendo raramente, viaggio più in aereo, ma il fascino del viaggio in treno è un'altra cosa.