a me gli occhi

a me gli occhi
Miw - la gatta

martedì 31 dicembre 2013

BUON ANNO

A tutti voi che con pazienza e simpatia avete letto ciò che scrivo, in qualunque parte del mondo voi siate il mio più affettuoso augurio di buon anno. Che porti a tutti salute e serenità, che i problemi trovino una soluzione e che finalmente ognuno di noi capisca che siamo tutti uguali anche se di razze diverse, di lingue diverse, di religioni diverse, di orientamenti diversi: siamo tutti uomini e donne con un cuore e con sentimenti uguali.
ALBANIAN Gëzuar vitin e ri
ALSATIAN e glëckliches nëies / güets nëies johr
ARABIC aam saiid / sana saiida
ARMENIAN shnorhavor nor tari
AZERI yeni iliniz mubarek
AFRIKAANS gelukkige nuwejaar
BAMBARA bonne année
BASQUE urte berri on
BELARUSIAN З новым годам (Z novym hodam)
BENGALI subho nababarsho
BERBER asgwas amegas
BETI mbembe mbu
BOBO bonne année
BOSNIAN sretna nova godina
BRETON bloavez mad
BULGARIAN честита нова година (chestita nova godina)
BIRMAN hnit thit ku mingalar pa
CANTONESE kung hé fat tsoi
CATALAN feliç any nou
CHINESE xin nièn kuai le / xin nièn hao
CORSICAN pace e salute
CROAT sretna nova godina
CZECH šťastný nový rok
DANISH godt nytår
DUTCH gelukkig Nieuwjaar
ESPERANTO felicxan novan jaron feliæan novan jaron (Times SudEuro font)
ESTONIAN head uut aastat
FAROESE gott nýggjár
FINNISH onnellista uutta vuotta
FLEMISH gelukkig Nieuwjaar
FRENCH bonne année
FRIULAN bon an
GALICIAN feliz aninovo
GEORGIAN gilotsavt aral tsels
GERMAN ein gutes neues Jahr / prost Neujahr
GREEK kali chronia / kali xronia eutichismenos o kainourgios chronos
GUARANÍ rogüerohory año nuévo-re
HAITIAN CREOLE bònn ané
HAWAIIAN hauoli makahiki hou
HEBREW shana tova
HINDI nav varsh ki subhkamna
KANNADA hosa varshada shubhaashayagalu
KHMER sur sdei chhnam thmei
KIRUNDI umwaka mwiza
KOREAN seh heh bok mani bat uh seyo
KURDE sala we ya nû pîroz be
HUNGARIAN boldog új évet
ICELANDIC farsælt komandi ár
INDONESIAN selamat tahun baru
ITALIAN buon anno, felice anno
IRISH GAELIC ath bhliain faoi mhaise
JAPANESE akemashite omedetô
KABYLIAN asseguèsse-ameguèsse
NORWEGIAN godt nytt år
MACEDONIAN srekna nova godina
MALAGASY arahaba tratry ny taona
MALAY selamat tahun baru
MALTESE sena gdida mimlija risq
MAORI kia hari te tau hou
MONGOLIAN shine jiliin bayariin mend hurgeye  (Шинэ жилийн баярын мэнд хvргэе)
MORÉ wênd na kô-d yuum-songo
LAO sabai di pi mai
LATIN felix sit annus novus
LATVIAN laimīgo Jauno gadu
LINGALA bonana / mbula ya sika elamu na tonbeli yo
LITHUANIAN laimingų Naujųjų Metų
LOW SAXON gelükkig nyjaar
LUXEMBOURGEOIS e gudd neit Joër
OCCITAN bon annada
PERSIAN sâle no mobârak
POLISH szczęśliwego nowego roku
PORTUGUESE feliz ano novo
ROMANI bangi vasilica baxt
ROMANIAN un an nou fericit / la mulţi ani
RUSSIAN С Новым Годом (S novim godom)
SAMOAN ia manuia le tausaga fou
SANGO nzoni fini ngou
SOBOTA dobir leto
SPANISH feliz año nuevo
SWAHILI mwaka mzuri
SWEDISH gott nytt år
SWISS-GERMAN äs guets Nöis
SARDINIAN bonu annu nou
SCOTTISH GAELIC bliadhna mhath ur
SERBIAN srecna nova godina
SHONA goredzwa rakanaka
SINDHI nain saal joon wadhayoon
SLOVAK stastlivy novy rok
SLOVENIAN srečno novo leto
TAMIL iniya puthandu nalVazhthukkal
SHONA goredzwa rakanaka
SINDHI nain saal joon wadhayoon
SLOVAK stastlivy novy rok
SLOVENIAN srečno novo leto
TAMIL iniya puthandu nalVazhthukkal
TATAR yana yel belen
TELUGU nuthana samvathsara subhakankshalu
TAGALOG manigong bagong taon
TAHITIAN ia ora te matahiti api
THAI (sawatdii pimaï)
TIBETAN tashi délek
TURKISH yeni yiliniz kutlu olsun
UDMURT Vyľ Aren
UKRAINIAN Z novym rokom
URDU naya saal mubarik
WALOON (“betchfessîs” spelling) bone annéye / bone annéye èt bone santéye
WELSH blwyddyn newydd dda
WEST INDIAN CREOLE bon lanné
YIDDISH a gut yohr
VIETNAMESE Chúc Mừng Nam Mới / Cung Chúc Tân Niên / Cung Chúc Tân Xuân



domenica 29 dicembre 2013

La leggenda di Colapesce

Fiabe della Sicilia: La leggenda di Colapesce (Sicilia)

gif animata
Nicola fu l'ultimo dei numerosi fratelli: viveva con la sua famiglia a Messina, in una capanna vicino al mare e fin da fanciullo prese dimestichezza con le onde. Quando crebbe e divenne un ragazzo svelto e muscoloso, la sua gioia era d'immergersi profondamente nell'acqua e, quando vi si trovava dentro, si meravigliava anche lui come non sentisse il bisogno di ritornare alla superficie se non dopo molto tempo. Poteva rimanere sott'acqua per ore e ore, e quando tornava su, raccontava alla madre quello che aveva visto: dimore sottomarine di città antichissime inghiottite dai flutti, grotte piene di meravigliose fosforescenze, lotte feroci di pesci giganti, foreste sconfinate di coralli e cosi via. La famiglia, a sentire queste meraviglie, lo prendeva per esaltato; ma, insistendo egli a restar fuori di casa, senza aiutare i suoi fratelli nella dura lotta per il pane, e vedendo che egli passava veramente il suo tempo dentro le onde e sotto il mare, come un altro se ne sarebbe andato a passeggiare per i campi, si preoccupò e cercava di scacciare quei pensieri strani dalla testa del figliuolo. Cola amava tanto il mare e per conseguenza voleva bene anche ai pesci: si disperava a vederne le ceste piene che portavano a casa i suoi fratelli, ed una volta che vi trovò dentro una murena ancora viva, corse a gettarla nel mare. Essendosi la madre accorta della cosa, lo rimbrottò acerbamente: "Bel mestiere che sai fare tu! Tuo padre e i tuoi fratelli faticano per prendere il pesce e tu lo ributti nel mare! Peccato mortale è questo, buttare via la roba del Signore. Se tu non ti ravvedi, possa anche tu diventare pesce." Quando i genitori rivolgono una grave parola ai figli, Iddio ascolta ed esaudisce. Così doveva succedere per Nicola. Sua madre tentò di tutto per distoglierlo dal mare, e credendolo stregato, si rivolse a santi uomini di religione. Ma i loro saggi consigli a nulla valsero. Cola seguitò a frequentare il mare e spesso restava lontano giorni e giorni, perché aveva trovato un modo assai comodo per fare lunghi viaggi senza fatica: si faceva ingoiare da certi grossi pesci ch'egli trovava nel mare profondo e, quando voleva, spaccava loro il ventre con un coltello e cosi si ritrovava fuori, pronto a seguitare le sue esplorazioni. Una volta egli tornò dal fondo recando alcune monete d'oro e cosi continuò per parecchio tempo, finché ebbe ricuperato il tesoro di un'antica nave affondata in quel luogo.
La sua fama crebbe tanto, che quando venne a Messina l'imperatore Federico, questi volle conoscere immediatamente lo strano essere mezzo uomo e mezzo pesce. Egli si trovava su di una nave al largo, quando Cola fu ammesso alla sua presenza. "Voglio esperimentare" gli disse l'Imperatore, "quello che sai fare. Getto questa coppa d'oro nel mare; tu riportamela." "Una cosa da niente, maestà" fece Cola, e si gettò elegantemente nelle onde. Di lì a poco egli tornò a galla con la coppa d'oro nella destra. Il sovrano fu cosi contento che regalò a Cola il prezioso oggetto e lo invitò a restare con lui.
Un giorno gli disse: "Voglio sapere com'è fatto il fondo del mare e come vi poggia sopra l'isola di Sicilia." Cola s'immerse, stette via parecchio tempo; e quando tornò, informò l'Imperatore. "Maestà,"disse, "tre sono le colonne su cui poggia la nostra isola: due sono intatte e forti, l'altra è vacillante, perché il fuoco la consuma, tra Catania e Messina." Il sovrano volle sapere com'era fatto questo fuoco e ne pretese un poco per poterlo vedere. Cola rispose che non poteva portar il fuoco nelle mani; ma il sovrano si sdegnò e minacciò oscuri castighi. "Confessalo, Cola, tu hai paura." "Io paura?" ribatté il giovane, "anche il fuoco vi porterò. Tanto, una volta o l'altra, bisogna ben morire. Se vedrete salire alla superficie delle acque una macchia di sangue, vuol dire che non tornerò più su." Si gettò a capofitto nel mare, e la gente stava, ad attendere col cuore diviso tra la speranza e la paura. Dopo una lunga inutile attesa, si vide apparire una macchia di sangue. Cola era disceso fino al fondo, dove l'acqua prende i riflessi del fuoco, e poi più avanti dove ribolle, ricacciando via tutti i pesci: che cosa successe laggiù? Non si sa: Cola non riapparve mai più. Qualcuno sostiene ch'egli non è morto e che è restato in fondo al mare, perché si era accorto che la terza colonna su cui poggia la Sicilia stava per crollare e la volle sostenere, cosi come la sostiene tuttora.
Ci sono anche di quelli che dicono che Cola tornerà in terra quando fra gli uomini non vi sarà, nessuno che soffra per dolore o per castigo.

lunedì 23 dicembre 2013

Ed è di nuovo Natale!

                                                                                                                                                                       Il tempo corre ed è già passato un anno da quando in questa casa girava col suo pancione mia nuora. Ora il pancione non c'è più, al suo posto c'è una bimba che gattona felice nascondendosi sotto il lettone dei nonni o facendo il "camel trophy" tra le gambe delle sedie sotto il tavolo della cucina. Ora la mia casa ha cambiato look, la sala non è più quella bella stanza grande sempre in ordine che era prima ora è una sala giochi/nanna per mia nipote: lettino, grande tappeto pieno di giochi sparsi e i divani e le poltrone tutte spinte in fondo a fare da muraglia agli oggetti più delicati e fragili.
Per la prima volta la cena della vigilia non verrà fatta a casa mia ma a casa di mio figlio perché la piccolina deve fare il suo primo natale a casa sua, così domani sera vedremo la sua faccina quando aprirà tutti i pacchi regalo che ci sono per lei, sarà la sua festa, sarà, come deve essere, la festa dei bambini.
.....mia nipote mi sta chiamando e quindi mi resta solo il tempo di dire a tutti voi che avete la bontà di leggermi che questo che arriva sia un FELICE NATALE che la serenità sia vostra fedele compagna non solo in questi giorni, ma in tutti i giorni a venire.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        TANTI TANTISSIMI AUGURI  A TUTTI                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

martedì 17 dicembre 2013

E' arrivato da lontano.....

ha attraversato l'Oceano Atlantico ed è arrivato questa mattina a casa mia: un bellissimo biglietto di auguri da un amico di internet che vive a Blairsville Pennsylvania. Forse sarà che apparteniamo entrambi a generazioni di una volta che erano abituate a scrivere a mano i propri auguri, sarà che noi ancora apprezziamo il fatto di ricevere posta, posta vera con tanto di busta e francobollo e scritta a mano, sarà per le belle frasi che ci si ingegna di scrivere,  per me questo è un dono bellissimo. Ancora più bello poi è scoprire che quanto scrivo su questo blog viene usato dal mio amico Gil e dai suoi amici per studiare la nostra lingua. Sono veramente lusingata che queste righe di miei pensieri e ricordi servano a qualcuno per imparare l'italiano.
Caro Gil e cari amici della "Gang" grazie! Grazie degli auguri e grazie di continuare a leggermi: spero solo di non annoiarvi mai e se mai ci fosse qualcosa di poco chiaro in quello che scrivo, non esitate a chiedere spiegazioni. A voi giungano i miei migliori auguri di Buon Natale e di un Anno Nuovo portatore di serenità e salute.

domenica 15 dicembre 2013

I ricordi

I ricordi sono come farfalle che volano nella nostra mente, qualche volta inafferrabili, qualche volta si posano e noi per pochi attimi riusciamo a rivivere quei momenti passati. Momenti belli  ricordi belli, che come variopinte farfalle subito si alzano in volo e ci lasciano l'essenza dei loro colori. Momenti brutti ricordi tristi che come falene scure e ineleganti continuano a girare intorno a noi lasciandoci sensazioni angosciose. Qualche volta il nostro cervello si difende dai ricordi dolorosi cancellandoli, smorzandoli fino a farli sparire sotto coltri spesse di ricordi inutili. Qualche volta gli attimi felici sono talmente istantanei che non si riesce ad afferrarli in un ricordo da tirare fuori come una coperta calda nei momenti bui. La nostra vita è fatta di ricordi, noi siamo fatti di ricordi e finché saremo in grado di ricordare saremo vivi. Ma è importante anche lasciare i ricordi agli altri, perché il nostro passaggio nella vita non sia stato inutile e finché sarà vivo il nostro ricordo continueremo a vivere nel cuore di chi ci vuol ricordare.

martedì 3 dicembre 2013

Il mio nome è Nessuno

Solo ieri l'ennesima notizia della morte di sette cinesi che praticamente vivevano reclusi nel capannone dove lavoravano per un pugno di riso. Nessuno si è presentato a riconoscere i loro cadaveri, nessuno si è presentato a piangere e reclamare i loro corpi per la sepoltura, sono non-persone che vengono clandestinamente in Italia spesso usando passaporti di persone morte (tanto per noi sono tutti uguali, chi potrebbe vedere differenze fra la faccia di uno o dell'altro se più o meno sono della stessa conformazione fisica?), sono solo schiavi che devono lavorare giorno e notte vivendo, dormendo, mangiando praticamente sulla stessa sedia dove lavorano chini su una macchina da cucire. Prato ormai è diventata una provincia della Cina. Le realtà artigianali italiane che là esistevano ormai non ci sono più perché non sono più in grado di confrontarsi con un mercato dove le leggi italiane non vengono rispettate, dove non vengono rispettate le norme di sicurezza, dove le tasse vengono troppo spesso eluse, mentre i ricavi vengono spediti in Cina e svaniscono dal nostro Paese.
Certo ora si comincerà a incriminare i proprietari del capannone, i proprietari della ditta (che sono già spariti), si comincerà a chiedersi come mai chi doveva controllare non l'ha fatto o peggio ha chiuso gli occhi per non vedere, ma i veri colpevoli siamo noi acquirenti, ogni volta che al mercato cerchiamo il maglioncino o il jeans da 5 euro ben sapendo che per pagarlo così poco qualche donna o ragazzino cinese  ha lavorato per un pugno di riso per 20 ore al giorno. Stiamo affossando le realtà artigianali italiane solo con questo. I nostri artigiani pagano le tasse, sono controllati dalla finanza, dall'ASL e ....non facendocela più, chiudono.
Intendiamoci, non ce l'ho con quei poveri cristi che ci rimettono le penne, ce l'ho con chi dovrebbe fare dei controlli seri sulle comunità cinesi, controlli a tutto campo perché non è giusto che dei poveri Nessuno vengano a morire bruciati vivi così lontano dalla loro terra.

domenica 24 novembre 2013

27 novembre 1973

Fra tre giorni saranno quarant'anni dal giorno in cui ho discusso la mia tesi alla Facoltà di Scienze Geologiche dell'Università Statale di Milano. Quanto tempo è passato! Una vita. Quel giorno, me lo ricorderò sempre, ero molto emozionata. Avevo fatto prove su prove davanti allo specchio ripetendo la presentazione che avrei dovuto fare davanti alla commissione di esame, ma temevo il classico black-out da "fifa". Eravamo in otto quel giorno a discutere la tesi i nostri rispettivi lavori si concatenavano l'un l'altro in un lavoro più grande: erano tessere di un puzzle che ricopriva il territorio delle Langhe sul quale il nostro professore Romano Gelati stava svolgendo degli studi per una pubblicazione.  Avevamo fatto i rilievi in loco e raccolto campioni di terreno dal quale in laboratorio dopo i lavaggi e le operazioni necessarie avevo estratto i microfossili che avrei studiato sotto un microscopio a scansione per determinare il loro riconoscimento e stabilire le datazioni di quei terreni.
Ho perfino scoperto un paio di specie non conosciute e con mio grande stupore il Professore mi invitò a chiamarli col mio nome. Ho scritto personalmente a macchina la mia
 tesi sulla mitica Olivetti Lettera 35 e ho disegnato profili geologici (purtroppo il tempo ha ingiallito il mio lavoro), fatto sezioni, schemi, colorato carte geologiche e topografiche......il tutto compariva in un raccoglitore chiamato Allegati.

Tornando a quel 27 novembre, dicevo, ero molto emozionata, ma quando arrivai alla Sede Universitaria di via Festa del Perdono, dove si sarebbe compiuta la fine del mio corso di studi, l'emozione si tradusse in panico: davanti all'Università si erano radunati degli studenti che man mano il tempo passava aumentavano in numero, per contestare e occupare la sede universitaria. Sgattaiolammo dentro e ci andammo a rifugiare in quella striminzita aula, un po' decentrata, dove con un orecchio alla porta e uno ai professori, avremmo discusso le nostre tesi.
Uno alla volta facemmo il nostro dovere con il terrore che all'improvviso quella porta, che era stata chiusa a chiave, all'improvviso venisse abbattuta dai contestatori e che noi saremmo stati buttati fuori a manganellate. Fortunatamente tutto andò bene e alla fine noi tutti riuscimmo a esporre le nostre tesi, a rispondere alle domande della Commissione e a tirare un gran respiro di sollievo.

Ricorderò sempre con gioia e stupore la faccia di mio padre dopo che fui proclamata "dottore" era talmente emozionato che il suo viso era diventato rosso come un pomodoro. Mio padre era un uomo di poche parole e infatti parole non ne disse, non ne era in grado, ma il suo viso mi parlò in silenzio e quello che mi disse l'ho ancora dentro me.

venerdì 22 novembre 2013

Caro Paese mio.....

....ti scrivo questa lettera per scusarmi con te. Sono nata sulla tua terra, sono cresciuta giocando sui tuoi prati, ho goduto dei tuoi mari e delle tue montagne. Ho studiato la tua storia e la tua formazione geologica, ho visto le ferite che ti hanno inferto, gli scempi a cui sei stato sottoposto, la mancanza di educazione nei tuoi confronti da parte di chi vive su di te e di te. Ho goduto del tuo clima, dei freddi inverni nevosi e delle calde estati azzurre, delle primavere e degli autunni colorati, ho nutrito il mio spirito con tutte le tue bellezze naturali e delle opere d'arte lasciate in eredità dai nostri antenati. Ho cercato di trasmettere l'amore e il rispetto che ho per te ai miei figli, ma non è stato abbastanza. Troppi miei simili ti hanno depredato, ferito, distrutto, non hanno rispettato le leggi della natura, sventrando montagne e disboscando senza criterio boschi e colline, impoverendo le loro difese naturali. Hanno canalizzato torrenti e fiumi, rendendoli armi micidiali in caso di piogge eccezionali. Hanno riempito i letti dei fiumi di spazzatura e i mari di plastica, uccidendo la vita nei mari e nei fiumi, hanno avvelenato la tua terra e il tuo cielo. Ma non sono solo i miei compatrioti a fare tutto questo. In tutto il mondo l'uomo sta uccidendo lentamente la Terra, contribuendo anche a esacerbare i cambiamenti climatici che esistono già in natura da che il nostro pianeta si è formato 4500 milioni di anni fa.
Se l'uomo non imparerà a rispettarti, a difenderti, a far guarire le tue ferite, se non imparerà ad amarti e non a sfruttarti, presto non avremo più una terra da poter chiamare patria, presto non avremo più un pianeta su cui vivere.

domenica 10 novembre 2013

E' arrivata la televisione!

Era l'aprile del 1952 e avevo circa sei anni. Con mia madre ero andata a Milano a vedere la Fiera Campionaria, cosa che per me era più che andare a Disneyworld, più che andare in vacanza al mare, era fare un viaggio avventuroso fino a Milano, era tuffarmi nel futuro, era tornare a casa piena di omaggi pubblicitari, di locandine, di libriccini da poter orgogliosamente mostrare ai miei compagni di giochi. Si andava alla Fiera pieni di aspettative, di curiosità.
Chissà che novità vi avrei trovato, quante nuove invenzioni avrei potuto vedere! Sì quell'anno la novità c'era e anche grossa: la televisione era finalmente arrivata, quella scatola magica che faceva sognare tutti, grandi e piccoli tra non molto tempo sarebbe stata in tutte le case.
Quando la sera arrivai a casa, a Villasanta dove abitavo, non stavo più nella pelle, tanto ero eccitata all'idea di raccontare al mio papà cosa avevo visto: entrai di corsa in quella che doveva essere la nostra sala da pranzo, ma che in effetti era uno studio-laboratorio di mio padre dove lui trafficava con tutte le sue cose elettriche e........rimasi senza parole! Davanti a me sul tavolo c'era una di quelle scatole magiche...un televisore!                                                                    
Mi sentivo come fossi in un sogno, non ci potevo credere: quella cosa costava un sacco di soldi e noi non ce la potevamo certo permettere. Guardavo il mio papà e non capivo. Allora lui mi disse: "mi hanno prestato questo apparecchio televisivo perché devo studiare e costruire delle antenne televisive che riescano a catturare le onde televisive. Mi raccomando non lo toccare mai, non è nostro e se si rompe........"
E chi lo toccava? Per me era come se fosse di ferro rovente, non lo avrei toccato per niente al mondo!

Potei vedere così le primissime trasmissioni di prova che venivano inviate da Torino: duravano forse mezz'ora non di più, ma io rimanevo lì a bocca aperta e zitta, si può dire che manco respiravo per la paura di "disturbare"!
Il 10 settembre del 1952 venne trasmesso il primo Telegiornale in via sperimentale, durò circa 15 minuti, ma c'erano addirittura dei collegamenti con le altre sedi RAI.
Naturalmente quel televisore rimase in casa nostra come pagamento del lavoro fatto da mio padre con le antenne e io divenni molto importante per tutti i miei compagni di cortile. Eh sì dovevano tenermi buona e cara altrimenti non avrei fatto loro vedere i telefilm di RIN TIN TIN che venivano mandati in onda alle 17 con la TV dei Ragazzi!
Pensate in quegli anni in tutta Villasanta c'erano solo due Televisori, uno era in casa della famiglia più ricca del paese e l'altro era in casa mia!
Naturalmente quando iniziarono le trasmissioni di Lascia o Raddoppia o quando c'era il Festival di San Remo, praticamente tutte le famiglie del cortile venivano la sera a casa nostra, tutti stretti in cucina a guardare Mike Buongiorno che conduceva i suoi quiz o ad ascoltare Nilla Pizzi o Natalino Otto che si esibivano a San Remo. Poi i televisori cominciarono ad arrivare un po' in tutte le case, erano diventati più abbordabili come spesa e naturalmente cominciarono a diventare uno status symbol.
Ora esistono televisori bellissimi a colori, ad alta definizione, con schermi giganti e centinaia di canali fra cui spaziare, ma quel televisore, credetemi, per me rimarrà sempre " IL TELEVISORE" per eccellenza.


lunedì 4 novembre 2013

Comunicazioni dall'aldilà

Quanti di voi sognano? Tutti, anche se non sempre si ricordano i sogni fatti, ma a me oggi nelle prime ore del mattino è arrivato un sogno premonitore, anzi più che un sogno, una richiesta di aiuto da chi non c'è più. Nei mesi scorsi è venuto a mancare un mio carissimo amico, tra l'altro testimone delle mie nozze, il quale si è presentato a me pallido e della grandezza di un bambino, ma sereno, con un gran sorriso e mi ha abbracciato così fortemente che quell'abbraccio mi ha riscaldato il cuore e l'ho sentito fisicamente.
"Bruno, che piacere vederti, come stai?"
"Bene, sono felice, ma Ivana non lo è. Si sente sola ed ha bisogno dei suoi amici. Anche il fratello è preoccupato per lei, non mangia e dimagrisce".
Mi sono svegliata con le sue parole nel cervello e appena l'orario si è fatto decente ho telefonato ad Ivana: si è aperta una diga di parole, di stati d'animo e ho capito che la mia telefonata l'ha fatta contenta.
Non so quanti di voi credano che chi passa all'altra vita non se ne va, ma ci rimane sempre vicino, io ci credo da sempre. Il legame di affetto che lega le persone è sottile, ma resistente al tempo, allo spazio. L'importante è saper ascoltare, tenere sempre le "orecchie" del cuore aperte, si potranno così sentire le loro richieste di aiuto, le loro parole di consolazione e il nostro cuore potrà continuare ad ascoltare il loro cuore.
P.S. Bruno stai sereno, ci prenderemo cura della tua Ivana.

lunedì 30 settembre 2013

Dopo lunga malattia......

.... la lingua italiana è in agonia.
Come tanti anche io sono su facebook e sempre più spesso mi capita di leggere nei post e nei commenti frasi con degli errori di sintassi e grammatica che ai miei tempi sarebbero stati sufficienti a bocciare un alunno delle elementari. Congiuntivi scritti al posto dei condizionali, voci del verbo avere scritte senza "h" là dove ci vuole, oppure sostantivi come anno (inteso come unità di tempo) scritto con l'acca, preposizioni di moto che diventano verbi "a diventa ha" e tante altre chicche che mi fanno letteralmente venire il mal di pancia.
Spesso chi scrive si giustifica dicendo che sbaglia per la fretta, ma se una volta scritta la frase si usasse un minimo di tempo per rileggerla forse tanti sbagli non verrebbero fatti.
Non parliamo poi della brutta abitudine di usare la k al posto di ch o di abbreviare le parole togliendo tutte le vocali, facendole così diventare dei suoni gutturali, incomprensibili.
Questo senza dubbio è il risultato di una scuola che non funziona più, di una istruzione che latita, di una mancanza di cultura che negli anni è diventata sempre più vasta.
Certo studiare costa, ma leggere buoni libri costa molto meno. Non è necessario comprare edizioni rilegate in cuoio, ci sono anche le edizioni economiche, ci sono le biblioteche dove i libri te li prestano gratuitamente. Ma leggere, informarsi, cercare di ampliare i propri limiti e apprendere cose nuove costa tempo e fatica, è molto meglio fare altro, tanto la cultura non produce, diceva un tal politico. Invece no, la cultura produce, la cultura, lo studio, la ricerca sono quelle cose che hanno portato l'Italia dal più oscuro Medioevo al Rinascimento, che hanno portato scienziati italiani a fare scoperte e invenzioni eccezionali che hanno prodotto guadagni e migliorie nella vita di tutti.
Nell'ultimo ventennio al posto di buoni programmi televisivi come tutti quegli sceneggiati che negli anni sessanta e settanta portavano nelle case degli italiani belle commedie, buon teatro, bei romanzi sotto forma di spettacolo, gli italiani sono stati addormentati con spettacoli dove al posto della cultura c'era solo l'esposizione di seni e parti intime, di gambe scoperte fino all'ombelico, di battute sconce e frasi ambigue.
Chi ha promosso tutto questo l'ha fatto ben conscio che un popolo ignorante è più malleabile di un popolo colto, perché la cultura ti fa pensare con il tuo cervello e non si accontenta di fare ciò che ti viene detto di fare da chi è più furbo e lungimirante di te. Chi "ignora" e non pensa con la sua testa si fa condizionare da chi urla di più, da chi fa tante belle promesse ben sapendo che non le manterrà mai.
Questa è la nostra classe politica, la maggior parte, per lo meno: illusionisti, comici, cabarettisti che tra una battuta e un'illusione, una parolaccia e un insulto è riuscita a farsi eleggere alle più alte cariche da gente ignorante che ha atrofizzato il cervello guardando il Grande Fratello.

venerdì 23 agosto 2013

Educazione....questa sconosciuta

Sempre più spesso mi rendo conto di essere stata colpita da un'intolleranza non alimentare, ma di tipo sociale: sono diventata intollerante alla maleducazione.
Ricordo che quando ero bambina e anche più grande, da ragazzina, non era ammesso che interrompessi gli adulti che stavano conversando, non era ammesso urlare o disturbare nelle ore pomeridiane quando si supponeva che qualcuno potesse fare il riposino, non era ammesso ascoltare radio o tv ad alto volume. Se ci si trovava a bordo di un tram o un filobus si lasciava il posto a persone anziane con un sorriso, si diceva sempre...per favore e grazie, non si pretendeva, si chiedeva qualcosa e se non ti veniva concessa non ci si metteva a fare un quarantotto.
Oggi sempre più di frequente vedo bambini lasciati liberi di fare quello che vogliono e genitori che guardano dall'altra parte. Per esempio nel Lido che frequento a Giardini Naxos ci sono le docce e una fontanella per chi desidera sciacquarsi dopo un bagno in mare. La fontanella, un semplice rubinetto posto a una settantina di centimetri dal suolo, serve per sciacquarsi i piedi dalla sabbia, ma per i bambini che frequentano il Lido è un gioco, dove prendere l'acqua con i  secchielli, lavarci i loro giochini, fare gazzarra e spesso lasciare il rubinetto aperto con un grande spreco di acqua, che tra l'altro i gestori del lido devono far arrivare col camion. Vi sono dei momenti di "traffico" quando per esempio ci si appresta a tornare a casa per il pranzo e la gente si deve mettere in fila per lavarsi i piedi prima di infilarsi le scarpe, ma malgrado la fila, vedi questi bimbi che incuranti di chi c'è prima di loro, ti sorpassano e si mettono addirittura fra te e l'acqua per fare ciò che vogliono e se li rimproveri ti guardano pure male. Ma quel che è peggio è che magari poco distante c'è la loro mamma che se li rimproveri ti dice seccata: "ma è solo un bambino!" Cara Mamma hai mai pensato che se non insegni a tuo figlio educazione e rispetto fin da piccolo, diventerà un adulto maleducato e prepotente?
Ecco oggi invece ho avuto un piacevolissimo incontro con un tappetto di due anni e mezzo, che, accompagnato dal papà, si stava facendo la "doccia" sotto quel rubinetto: con grande attenzione si è lavato da solo le gambine, poi si è girato e si è sciacquato il culetto e finito ciò ha pure chiuso il rubinetto! Mi è venuto spontaneo fargli i miei complimenti e non solo, mi sono complimentata anche col suo papà che gli sta insegnando l'educazione molto bene.
Forse non tutto è perduto, speriamo.


mercoledì 21 agosto 2013

telefonia: nuovo tipo di ....droga

Non sono amante dei telefoni, ovvero dei cellulari. Ho sempre pensato che il telefono sia una cosa che serve per comunicare cose importanti, o a tenere contatti con persone lontane, ma che comunque andasse usato con parsimonia. Sono decisamente una fruitrice molto scadente e con me le compagnie telefoniche non fanno certamente affari.
Ora, però, mi pare che si stia proprio esagerando! Mi trovo in Sicilia a Giardini Naxos, una perla di bellezza che dovrebbe rapire lo sguardo di chi cammina sul lungomare, impegnato solo a respirare il profumo del mare e a crogiolarsi sotto il sole......e invece? Invece vedo sempre più persone che camminano guardando il telefonino, o per meglio dire il touch-screen e digitano, giocano, intervengono sui social networks, senza degnare di uno sguardo chi cammina accanto a loro, rischiando di andare a sbattere contro un palo della luce o di investire camminando chi è sul marciapiede. In spiaggia poi, ragazzini che giocano sotto l'ombrellone, ma non con secchiello e paletta, ma con i video-games, signore che passano la mattinata a chiacchierare al telefono con le amiche (che magari hanno visto solo mezz'ora prima). E chi non parla o non digita, cammina tenendo orgogliosamente in mano il suo cellulare di ultima generazione. E' vero il cellulare serve per comunicare, ma se provassimo a metterli in un cassetto, per un giorno, e ci sforzassimo di comunicare con chi ci vive a fianco, non sarebbe meglio?
Ecco, più invecchio e più sento la nostalgia del telefono di una volta, quello appeso al muro, che ti costringeva a dire le cose essenziali ed a essere breve, altrimenti ti si addormentavano le gambe.



giovedì 15 agosto 2013

Io e la musica

Sono il risultato dell'incrocio fra una cantante lirica (soprano) e insegnante di pianoforte e uno "stonato puro" appassionato di musica sinfonica: ecco da questo si può dedurre che la musica è stata la colonna sonora che ha scandito la mia vita. Ricordo che quando ero bambina e vivevo a Villasanta (vicino a Monza), la camera da letto in cui dormivo con i miei genitori confinava con una sala da pranzo tramutata in studio/officina da mio padre....sala da pranzo perché effettivamente c'erano i mobili di una sala da pranzo, studio/officina perché il tavolo invece che piatti e bicchieri ospitava attrezzi vari, documenti, dischi e scheletri di radio a valvole e chi più ne ha più ne metta. In quella sala c'era anche il giradischi col quale mio padre ascoltava musica sinfonica mentre lavorava ai suoi hobbies la sera, dopo una giornata di lavoro passata nella sua officina di Milano e io mi addormentavo cullata dalle sinfonie di Beethoven oppure dalle composizioni di  Tchaikovsky, anche se le mie  ninnananne preferite erano la Moldava di Smetana e la Primavera di Grieg.
Mia madre invece riempiva le ore del giorno con lezioni di pianoforte e quindi scale, esercizi noiosi e sonatine e ripassi di arie operistiche per tenersi allenata la voce. Tentò anche con me con lo studio del pianoforte e per due anni dovetti sottomettermi a leggere note sul pentagramma proprio nelle ore in cui i miei compagni di giochi erano fuori in cortile a divertirsi. Anche se avevo dita agili, ero dotata di orecchio e sentivo il tempo ed ero intonata, lo studio del pianoforte non mi attraeva e si sa, se hai l'opportunità di avere sia lo strumento che l'insegnante in casa, quella che viene a mancare è proprio la voglia di apprendere.
Crescendo, come tutti i giovani, sono venuta a contatto con le canzoni. Le prime in assoluto quelle del Festival di Sanremo, che le famiglie seguivano con passione alla radio e i più fortunati con i primi televisori in
bianco e nero. Noi bambini si elemosinava ai genitori quanto bastava per comprare il libretto coi testi e ci si impegnava a studiare a memoria le canzoni per essere prontissimi a canticchiare soprattutto la canzone vincente.
Papaveri e papere, La casetta in Canadà, Vento, L'edera, quante belle canzoni venivano sfornate dal Festival e la gara era veramente delle canzoni, perché i cantanti erano  tre nella prima edizione del 1951 e ognuno di loro cantava più canzoni, poi negli anni successivi cominciarono ad esserci più interpreti e la gara cominciò a spostarsi dalle canzoni ai cantanti.
Negli anni '60 cominciarono a prevalere le canzoni straniere sulle italiane e i Beattles cominciarono a riempire con la loro presenza le nostre radio. Iniziarono a formarsi i "gruppi" come le Orme, la Premiata Forneria Marconi, i New Trolls, I Rolling Stones e i ragazzi della mia età spesso si riunivano per formare complessi con chitarra, basso e batteria.
Io alternavo Brahms a Gershwin con Morandi e Rita Pavone insomma spaziavo tra le note con orizzonti a largo respiro.
Non mi posso definire una fan sfegatata per qualche cantante o gruppo e quando alla fine degli anni '60 ho iniziato l'università, tempo per ascoltare musica ne ho avuto poco, come poco ne ho avuto dopo il 1973 quando iniziai a lavorare e a mettere su famiglia e mi rendo conto ora a decenni di distanza che mi sono persa molte belle canzoni degli anni 80, 90. Ora anche avendone la possibilità e il tempo non seguo più il Festival di Sanremo, mi ha stancato, lo trovo troppo lungo e troppo "gossipparo" e molto poco "musicale", ma si sa, ora non ho neppure più vent'anni.

giovedì 1 agosto 2013

una contro otto.....

Correva l'anno.......beh, detta così sembra l'inizio di una favola e invece oggi vi voglio raccontare quello che per noi studenti di geologia era un percorso obbligatorio: la campagna geologica che si doveva fare dopo il secondo anno di frequenza. All'epoca, primissimi anni '70 - ovvio che parlo del secolo scorso - frequentavo il secondo anno di Geologia all'Università Statale di Milano e mi ero appassionata al corso di sedimentologia del quale, con l'aiuto del prof. (raccogliendo tutti i suoi appunti) avevo fatto anche le dispense scrivendo personalmente a macchina tutte le 178 pagine di rotaprint con relativi diagrammi e disegni esplicativi. Avendo deciso di fare la mia tesi col Professore di Sedimentologia (del quale non dirò il nome per carità cristiana) gli chiesi di poter fare la campagna geologica con lui. Credevo di essere bene accolta (anche perchè ero l'unica studentessa di sesso femminile del mio corso) e invece in professore cominciò a dire...."ma signorina Boin guardi che la campagna geologica verrà fatta in montagna al rifugio Calvi in Alta Val Brembana e sarà molto pesante perchè ci sarà da arrampicarsi e camminare molto....." e io...." non si preoccupi professore, anche se sono piccola e magra sono resistente"....e lui..." ma guardi che dovrà portarsi da sola lo zaino con tutti i campioni..." e io....." non si preoccupi, sono robusta".....insomma alla fine non sapendo più che scuse trovare per non annoverarmi nel suo gruppo saltò su a dire: " ma al Rifugio Calvi non ci sono camere singole dovrà dormire nello stesso stanzone dei suoi compagni maschi!". Lo guardai seria seria e gli chiesi: "quanti?" e il prof: " saremo otto uomini.." e io: " beh, prima che vi mettiate d'accordo su chi mi salterà addosso per primo, sarà passata la settimana di campagna geologica! Allora, quando si parte?".

sabato 15 giugno 2013

Ai miei tempi........

Quante volte ci è capitato di dire questa frase! ed è normale soprattutto per chi gli .....anta li ha passati da un bel pezzo. La tecnologia ha fatto passi da gigante negli ultimi 40 anni e per chi come me è nata subito dopo la guerra ed è stata bambina a cavallo degli anni '50, molte cose sono cambiate: ad esempio i giocattoli.
Ho un ricordo vivo della prima bambola di celluloide che mi fu regalata da Letizia, un'amica carissima di mia nonna Clelia. Lei viveva mi sembra in Austria e mi mandò una bellissima bambola di celluloide che aveva nome Margot, poi a natale arrivò Milady, regalo dei miei genitori e mia mamma le vestì tutte e due da ballerina, cucendo i loro vestitini a mano, la sera, quando io andavo a dormire.
Non potevano certo mancare tra i giochi di una bambina, i pentolini, tutti di alluminio e io ci cucinavo dentro dei piatti sontuosi a base di terra, ortiche, fili d'erba, sassolini e quanto riuscivo a raccogliere nel cortile fuori casa.

Tra i miei giochi ricordo che arrivò anche un Teatrino di marionette, pressapoco come questo. Io e i miei compagni di giochi, tutti più o meno della mia età, inventavamo storie e facevamo degli spettacolini muovendo i burattini dall'alto attraverso i loro fili. I nostri giochi ci spingevano ad essere creativi, ad inventare, oppure a imparare, come la lavagna con i gessetti e il pallottoliere! Poi tra i giochi che si potevano fare all'aria aperta noi giocavamo a nascondino, con la corda per saltare e a "campana".
Vogliamo poi parlare dei banchi di scuola? Alti con la pedana in legno con la panca legata al desco e se non arrivavi a poggiare la schiena perché eri troppo corta dovevi restare seduta sulla punta del sedile ciondolando le gambette corte e sperando di non cadere rovinosamente a terra. Sul desco in alto a destra c'era un buco, che la bidella provvedeva a riempire di  inchiostro  nel quale intingevamo la nostra penna. Già la penna: una cannuccia con pennino che variava a seconda dell'uso e non scordiamoci la carta assorbente, oggetto indispensabile per evitare di macchiare il quaderno e prendere un brutto voto. E la Scuola? niente riscaldamento, a parte una stufa in ferro che veniva caricata a carbone ed era situata in fondo la stanza. Mi ricordo che spesso sono arrivata a scuola con la boule dell'acqua calda e lo scialletto di lana sopra il grembiulino nero.
I quaderni non avevano la spirale, ma i fogli uniti al centro con una graffetta e le copertine non  erano certo belle e colorate come oggi, ma prevalentemente nere.

                                                                                                             
Merenda! già la merenda, non torte, merendine o panini imbottiti, ma belle fette di pane con un velo di burro e spolverate di zucchero, oppure i Fruttini della Zuegg , parallelepipedi di cotogna con un bel pezzo di pane!

Già! Erano proprio altri tempi!