Ero sposata da poco più di un mese quando l' AGIP Mineraria, società presso la quale lavoravo, mi spedì con altri colleghi a Canzo per un corso di aggiornamento. All'epoca non c'erano cellulari, internet whatsapp o uccellini cinguettanti con i quali poter inviare messaggi in tempo reale, c'erano la radio e la televisione e le notizie venivano raccontate solo con quei mezzi.
La giornata del 6 maggio era passata tra corsi vari e la sera noi tutti ci si riuniva nella hall dell'albergo per fare quattro chiacchiere. Non mi ricordo se la notizia del terremoto che alle 21 di quella sera aveva colpito il Friuli ci arrivò la mattina seguente o nelle prime ore del pomeriggio del 7 maggio, sicuramente ci lasciò scioccati e interdetti anche perché eravamo tutti geologi e sapevamo molto bene di cosa si trattava. Qualcuno dei miei colleghi maschi decise di non finire il corso di aggiornamento e partì subito per quei luoghi martoriati per dare un aiuto sia fisico che cognitivo.
L'orcolat (così venne chiamato il terremoto) distrusse 45 paesi che furono rasi al suolo, altri 45 gravemente danneggiati e 52 danneggiati. Distrusse la vita a 990 persone, lasciò senza casa più di 100.000 persone.
In molti si mossero per portare aiuti fra questi L'esercito americano che era di stanza ad Aviano e l'esercito Austriaco che in barba alle leggi di confine arrivò con mezzi e uomini.
All'epoca non esisteva la Protezione Civile, ma il corpo degli Alpini si distinse per l'organizzazione e il lavoro fatto.
Molti milioni furono raccolti e vennero tutti gestiti dalla Regione Friuli Venezia Giulia che li convogliò ai vari comuni che impiegarono quei fondi con grande oculatezza e onestà riuscendo a ricostruire in pochi anni tutti i paesi distrutti.
La vita è strana: io quel 7 maggio 1976 non sapevo che di lì a pochi anni, cinque per l'esattezza, mi sarei trasferita proprio a Codroipo in Friuli e che vi avrei vissuto per qualche anno.
Vivere lì mi ha consentito di conoscere e apprezzare il carattere delle genti friulane, persone forti, toste, dure come le rocce delle loro montagne, che non si sono lasciate prendere dallo sconforto, ma che hanno saputo reagire con tanta forza a quella strage.
Sono rimaste impresse nella mia memoria le parole del Vescovo di Udine che già dopo pochi giorni dal sisma disse : "Per prima cosa ricostruite le fabbriche, poi le case e se ci rimane qualcosa per ultime le chiese".
E come si legge in questa foto il Friuli non ha dimenticato ed ha restituito: A Samano nelle Marche una scuola per 80 bambini verrà ricostruita con fondi che arrivano dalla Regione Friuli e dai Friulani. E come si dice in Friuli quando si saluta....Mandi!
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