Sono il risultato dell'incrocio fra una cantante lirica (soprano) e insegnante di pianoforte e uno "stonato puro" appassionato di musica sinfonica: ecco da questo si può dedurre che la musica è stata la colonna sonora che ha scandito la mia vita. Ricordo che quando ero bambina e vivevo a Villasanta (vicino a Monza), la camera da letto in cui dormivo con i miei genitori confinava con una sala da pranzo tramutata in studio/officina da mio padre....sala da pranzo perché effettivamente c'erano i mobili di una sala da pranzo, studio/officina perché il tavolo invece che piatti e bicchieri ospitava attrezzi vari, documenti, dischi e scheletri di radio a valvole e chi più ne ha più ne metta. In quella sala c'era anche il giradischi col quale mio padre ascoltava musica sinfonica mentre lavorava ai suoi hobbies la sera, dopo una giornata di lavoro passata nella sua officina di Milano e io mi addormentavo cullata dalle sinfonie di Beethoven oppure dalle composizioni di Tchaikovsky, anche se le mie ninnananne preferite erano la Moldava di Smetana e la Primavera di Grieg.
Mia madre invece riempiva le ore del giorno con lezioni di pianoforte e quindi scale, esercizi noiosi e sonatine e ripassi di arie operistiche per tenersi allenata la voce. Tentò anche con me con lo studio del pianoforte e per due anni dovetti sottomettermi a leggere note sul pentagramma proprio nelle ore in cui i miei compagni di giochi erano fuori in cortile a divertirsi. Anche se avevo dita agili, ero dotata di orecchio e sentivo il tempo ed ero intonata, lo studio del pianoforte non mi attraeva e si sa, se hai l'opportunità di avere sia lo strumento che l'insegnante in casa, quella che viene a mancare è proprio la voglia di apprendere.
Crescendo, come tutti i giovani, sono venuta a contatto con le canzoni. Le prime in assoluto quelle del Festival di Sanremo, che le famiglie seguivano con passione alla radio e i più fortunati con i primi televisori in
bianco e nero. Noi bambini si elemosinava ai genitori quanto bastava per comprare il libretto coi testi e ci si impegnava a studiare a memoria le canzoni per essere prontissimi a canticchiare soprattutto la canzone vincente.
Papaveri e papere, La casetta in Canadà, Vento, L'edera, quante belle canzoni venivano sfornate dal Festival e la gara era veramente delle canzoni, perché i cantanti erano tre nella prima edizione del 1951 e ognuno di loro cantava più canzoni, poi negli anni successivi cominciarono ad esserci più interpreti e la gara cominciò a spostarsi dalle canzoni ai cantanti.
Negli anni '60 cominciarono a prevalere le canzoni straniere sulle italiane e i Beattles cominciarono a riempire con la loro presenza le nostre radio. Iniziarono a formarsi i "gruppi" come le Orme, la Premiata Forneria Marconi, i New Trolls, I Rolling Stones e i ragazzi della mia età spesso si riunivano per formare complessi con chitarra, basso e batteria.
Io alternavo Brahms a Gershwin con Morandi e Rita Pavone insomma spaziavo tra le note con orizzonti a largo respiro.
Non mi posso definire una fan sfegatata per qualche cantante o gruppo e quando alla fine degli anni '60 ho iniziato l'università, tempo per ascoltare musica ne ho avuto poco, come poco ne ho avuto dopo il 1973 quando iniziai a lavorare e a mettere su famiglia e mi rendo conto ora a decenni di distanza che mi sono persa molte belle canzoni degli anni 80, 90. Ora anche avendone la possibilità e il tempo non seguo più il Festival di Sanremo, mi ha stancato, lo trovo troppo lungo e troppo "gossipparo" e molto poco "musicale", ma si sa, ora non ho neppure più vent'anni.
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