Fra tre giorni saranno quarant'anni dal giorno in cui ho discusso la mia tesi alla Facoltà di Scienze Geologiche dell'Università Statale di Milano. Quanto tempo è passato! Una vita. Quel giorno, me lo ricorderò sempre, ero molto emozionata. Avevo fatto prove su prove davanti allo specchio ripetendo la presentazione che avrei dovuto fare davanti alla commissione di esame, ma temevo il classico black-out da "fifa". Eravamo in otto quel giorno a discutere la tesi i nostri rispettivi lavori si concatenavano l'un l'altro in un lavoro più grande: erano tessere di un puzzle che ricopriva il territorio delle Langhe sul quale il nostro professore Romano Gelati stava svolgendo degli studi per una pubblicazione. Avevamo fatto i rilievi in loco e raccolto campioni di terreno dal quale in laboratorio dopo i lavaggi e le operazioni necessarie avevo estratto i microfossili che avrei studiato sotto un microscopio a scansione per determinare il loro riconoscimento e stabilire le datazioni di quei terreni.
Ho perfino scoperto un paio di specie non conosciute e con mio grande stupore il Professore mi invitò a chiamarli col mio nome. Ho scritto personalmente a macchina la mia
tesi sulla mitica Olivetti Lettera 35 e ho disegnato profili geologici (purtroppo il tempo ha ingiallito il mio lavoro), fatto sezioni, schemi, colorato carte geologiche e topografiche......il tutto compariva in un raccoglitore chiamato Allegati.
Tornando a quel 27 novembre, dicevo, ero molto emozionata, ma quando arrivai alla Sede Universitaria di via Festa del Perdono, dove si sarebbe compiuta la fine del mio corso di studi, l'emozione si tradusse in panico: davanti all'Università si erano radunati degli studenti che man mano il tempo passava aumentavano in numero, per contestare e occupare la sede universitaria. Sgattaiolammo dentro e ci andammo a rifugiare in quella striminzita aula, un po' decentrata, dove con un orecchio alla porta e uno ai professori, avremmo discusso le nostre tesi.
Uno alla volta facemmo il nostro dovere con il terrore che all'improvviso quella porta, che era stata chiusa a chiave, all'improvviso venisse abbattuta dai contestatori e che noi saremmo stati buttati fuori a manganellate. Fortunatamente tutto andò bene e alla fine noi tutti riuscimmo a esporre le nostre tesi, a rispondere alle domande della Commissione e a tirare un gran respiro di sollievo.
Ricorderò sempre con gioia e stupore la faccia di mio padre dopo che fui proclamata "dottore" era talmente emozionato che il suo viso era diventato rosso come un pomodoro. Mio padre era un uomo di poche parole e infatti parole non ne disse, non ne era in grado, ma il suo viso mi parlò in silenzio e quello che mi disse l'ho ancora dentro me.
Nel 2019, sulla stessa successione e nello stesso intervallo tempo, ho fatto il mio dottorato studiando il sistema deposizionale del conglomerato della Val Borbera (ora chiamato di Savignone) e della Formazione di Monastero; il tutto capitanato dal Prof. Felletti, allievo di Gelati dei primi anni 2000. La storia si ripete… un piacere sarebbe avere la possibilità di leggere la sua tesi, anche perché ho ancora tantissime domande a cui mi manca risposta nell’area…
RispondiEliminaCaro Simone, (mi permetti di darti del tu?), mi sono accorta con un pochino di ritardo del tuo commento. Perdona una povera vecchietta. Mi ha fatto piacere leggere della tua tesi negli stessi luoghi a decenni di distanza, ma purtroppo non ti posso accontentare: la mia tesi con tutti gli allegati è stata portata "al macero" dall'alluvione che ha devastato la mia casa il 16 maggio scorso a Faenza. Queste foto di dieci anni fa allegate al mio ricordo su questo blog sono l'unico ricordo che ho. Non so come funzioni, ma visto che quando ci si laurea bisogna consegnare (se non ricordo male) due copie della tesi all'Università, priva a chiedere ai responsabili della Biblioteca universitaria se sono ancora reperibili. Se lo fossero ne sarei contenta, anche solo nel sapere che non tutto è perduto. Grazie per il tuo intervento e ti auguro il meglio per il tuo futuro.
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